La pandemia è il cigno nero? Forse sì e forse no. Ma quante cose non sappiamo ancora!
Un evento inaspettato, che demolisce schemi convalidati. Imprevedibile e non immaginabile. E’ il Cigno nero?
Nassim Taleb elabora la sua teoria per mettere a nudo la fragilità delle nostre conoscenze. Cos’è il Cigno nero? Un evento isolato (non rientra nel campo delle normali aspettative), con un impatto enorme; una volta superato, però, la natura umana ci porta a elaborare e giustificare l’accaduto, per renderlo spiegabile e prevedibile. Dall’Ottocento in poi ci siamo trincerati in una rete di certezze, abituati alla prevedibilità e all’assenza di mutamenti irrazionali nella nostra vita. La realtà è una sequenza di cause ed effetti, e se qualcosa va storta la si può sistemare.
La pandemia è per alcuni il nostro Cigno nero. Coinvolte le esistenze e le comunità, colpiti settori diversi collegati tra loro, e noi invischiati e impreparati ad affrontare emergenze sanitarie, sociali, economiche, che non riusciamo ancora a districare. Per Taleb le cose non stanno così. La pandemia era prevedibile, gli scienziati ci avevano messi in guardia da tempo, si sapeva che l’effetto dei cambiamenti climatici si sarebbe manifestato. Non si sapeva solo quando il virus sarebbe arrivato.
Nessun “Cigno nero”, quindi, quale, invece, è stato per lo studioso libanese Internet. E continua a esserlo. Sorpresi, pensavamo di poterlo dominare, di prenderci i vantaggi, ma la potenza della rete diviene inarrestabile e il controllo è sempre più difficile. Continuiamo a ragionare con vecchi schemi, mentre Internet modifica il nostro modo di essere e relazionarci, la politica, la democrazia… Taleb (nel “Cigno nero”) ci parla della nostra pigrizia mentale, impariamo dalla ripetizione e dall’esperienza, ci fermiamo solo su ciò che sappiamo e trascuriamo ciò che non conosciamo. Non è semplice prevedere. Pensiamo ad altri grandi eventi improvvisi: lo scoppio di Seveso. La risposta è giunta con un ritardo che ha compromesso molte vite. Nello stesso anno lo scoppio dell’arsenico a Manfredonia. Dove il Cigno nero era l’impreparazione di quei tecnici (“vapore acqueo” disse qualcuno) che dovevano assicurare il controllo degli impianti.
Torniamo alla Pandemia. Pur ammettendo che era imprevedibile a febbraio, non lo era però a settembre. Ed è qui che si appuntano le responsabilità di una riapertura delle scuole confusa e superficiale da non rendere nemmeno possibile cercare di capire dove si è sbagliato. Non era imprevedibile nel Sud. I dati fin da Settembre confermano l’arrivo, l’aumento successivo… Nelle città e nei territori non conosciamo numeri e fonti probabili di contagio, decessi. E si continua in questo modo. A interpretare secondo le nostre aspettative e non leggendo i dati. Se la risposta al virus deve essere collettiva e se la comunicazione è dettata e orientata dai social media (né è possibile sottrarsi), allora è importante dare informazioni “vere” e precise. Invece si procede con toni paternalistici, si alimenta la sfiducia (come accade ancora in questi giorni con i vaccini), non si distingue il giusto allarme e l’allarmismo..
C’è ancora molto da conoscere. In Occidente (Europa e America) il rischio di morte è superiore di 15 volte a quello che si verifica altrove. Nei primi due mesi del 2021 è di 24 volte. Percentuali enormi. Come si spiega? Roberto Volpi su “La lettura” (Corriere della sera) fa tre ipotesi. In primo luogo non c’è un’unica definizione di morti per Covid e alcuni paesi comunicano secondo convenienze politiche, senza obiettività scientifica. In Occidente, poi, le popolazioni sono vecchie e residenti in zone fortemente urbanizzate. Ma c’è un altro aspetto: l’Occidente è più esposto ai virus perché più “pulito”. La “paranoia” di pulire, disinfettare, distruggere i germi che circolano nei nostri ambienti comporta meno difese organiche rispetto a questi patogeni. Più si vuole evitare il rischio di infezioni e più diventiamo vulnerabili.
C’è un termine che circola nelle riviste specializzate: Sindemia. L’analisi del Covid19 come una sindemia sposta l’ottica verso cause sociali, connesse con le città multietniche, i lavori precari, insicuri e malpagati, e tutti quei contesti abitativi emarginati e troppo spesso malmessi dal punto di vista ambientale. Ne parla Luigi Cameriero in un lungo ed interessante articolo che sarà pubblicato fra un paio di giorni su questo blog.