I genitori invecchiano soli e i figli sono lontani. E’ l’effetto dell’emigrazione e della pandemia.
A Mattinata, Monte S. Angelo, Manfredonia… Ovunque nel Sud. I figli stanno fuori e i genitori invecchiano e restano soli. Molti stanno ancora bene, una vita sociale soddisfacente. Ma è una situazione che preoccupa, per quanto avvenuto con la pandemia, la lontananza forzata, le notizie sulle case di riposo…
Il parroco di Mattinata, don Luca, mi ha parlato delle preoccupazioni dei figli che stanno fuori. Alcuni esaminano le possibilità di associarsi e organizzarsi per seguire le situazioni dei propri genitori.
Due storie vere. Un vecchio vive solo. Un malore rende note le sue condizioni: casa poco curata, solitudine… Rifiuta la badante e la casa per anziani. Si lavora per un mix di interventi: pulizia della casa, sicurezza per cucina e stufa, la parrocchia è presente, una nipote disponibile per la spesa alimentare, un gruppo di amici per incontrarsi e passeggiare insieme… Un uomo dorme nei pressi della stazione, da giorni è su una panchina, non riesce a camminare, qualcuno gli porta un cornetto, la pizza… Rifiuta l’ospedale… poi all’Anna Rizzi, ma solo per i controlli. Si rimette in piedi, difficile trovare una sistemazione. L’assistente sociale: “E se provassimo a metterlo con un altro anziano? C’è uno con una casa grande… il Comune paga le utenze… a mangiare va alla mensa dei poveri…”
La cura domiciliare è fondamentale per rispondere all’espansione dei bisogni, e può divenire una scelta innovativa a garanzia della qualità della vita di tutti i cittadini. L’invecchiamento, la non autosufficienza, le terapie riabilitanti richiedono di cercare insieme alla famiglia percorsi di cura efficaci, capaci di rispettare le esigenze delle persone. La cura a domicilio è un meccanismo fragile, facile ad incepparsi se non vi è la piena e convinta cooperazione di tutti i soggetti: medici, assistenti sociali, famiglia, vicinato… Deve essere praticata in modo creativo, perché ogni caso è diverso. Può coinvolgere anche le Rsa, che potrebbero trasferire all’esterno i servizi di cui beneficiano gli ospiti interni. Non esiste l’autosufficienza e la non autosufficienza, ma tante gradazioni intermedie, ed è necessario mantenere sempre visioni aperte in grado di gestire situazioni in evoluzione dal punto di vista sanitario, familiare e sociale.
Le strutture sia pubbliche che private hanno impegni e protocolli da rispettare. L’aspetto più importante e sottovalutato è quello dei controlli. I servizi devono essere valutati, anche il benessere personale, la soddisfazione delle persone. E deve farlo il servizio pubblico. Con la pandemia i parenti sono tenuti lontani, ma quando tutto finirà, occorrerà sperimentare forme di partecipazione dei familiari, anche attraverso organismi di collaborazione, consultazione, vigilanza. Gli anziani non parlano, non si lamentano, non compilano questionari. Ma si aprono con persone con cui hanno fiducia. Un’assistente sociale di Manfredonia riusciva nell’arco di un mese a entrare in contatto con un centinaio di anziani soli a casa, tra visite domiciliari o contatti telefonici. La lamentela più frequente? I figli che non si recavano spesso a trovarli.
Un funzionario di polizia in servizio nel Nord, a Manfredonia per i funerali della madre: “Il telesoccorso ci ha aiutato molto. Ci tranquillizzava… sapevamo che gli operatori intervenivano prontamente”. Nel luglio del 2017 leggo su un giornale online la lettera di una donna: “Io lavoro, ho la casa, i figli, e mia madre che abita lontano. Questo piccolo aiuto mi faceva stare serena. Sapevo che se accadeva qualcosa gli operatori mi chiamavano. La sera io passavo, a volte con i figli, stavamo insieme…” Alla signora era stato tolto un piccolo servizio: il telesoccorso. E’ la generazione Sandwich, donne che si prendono cura di figli e di genitori. E sono milioni in Italia.
Il progetto Nicodemo. Le suore aprono il salone due giorni alla settimana per gli anziani del quartiere: ginnastica dolce, incontri… Il salone sempre pieno, quasi tutte donne, che iniziano a frequentarsi autonomamente. Il Comune è intervenuto solo con un piccolo contributo per le utenze. Ci sono i centri diurni… ma “è la gente che protegge la gente“. Mai si apprezzerà a sufficienza il ruolo dei vicini, quelli della porta accanto, con cui ci sono reciproci scambi. In alcuni centri dell’Emilia Romagna (Riccione) il comune riconosce i club di buon vicinato: si prendono cura della strada, del verde, delle persone…