Pippi Calzelunghe, la bambina che ha insegnato la rivolta e l’impertinenza, compie 75 anni. E non invecchia.
75 anni fa esce un libro rivoluzionario. I critici storsero il naso: una bambina di 9 anni che vive sola, con un cavallo e una scimmia e non va a scuola!
E’ il 1945, il mondo esce da una guerra devastante e questo libro esprime il bisogno di cambiamento, annuncia tempi nuovi. L’autrice, Astrid Lindgren (1907 – 2002), vive l’infanzia in una fattoria, in Svezia, con i fratelli, animali, a contatto della natura. Pippi si presenta con due trecce all’insù, naso a patatina punteggiato di lentiggini, un vestito blu con pezzi di stoffa rossa, le calze lunghe su gambe esili tenute da un reggicalze per niente sexy, le scarpe sono il doppio dei suoi piedi. E’ incontenibile, coraggiosa, leale. Non ha genitori. Fa il bagno quando vuole, dorme e mangia quando vuole. Ma ha autodisciplina. “Mi dico le cose prima con le buone, se non obbedisco, me le dico un’altra volta severamente…”
Tante ragazze, a fine anni sessanta, partecipano ai “movimenti” con entusiasmo, ed hanno letto questo libro. C’erano state prima molte storie di bambini che “si fanno da soli”, come Huckleberry Finn: orfano di madre, fugge da un padre ubriacone e da coloro che vogliono “addomesticarlo” in nome della rispettabilità borghese. Fugge con lo schiavo nero Jim, insieme vogliono costruirsi un’identità propria. Navigando sul grande Mississippi Huck apprende le meraviglie e le insidie del mondo. Ma mai una protagonista bambina e mai con questo taglio ironico e irriverente. Pippi mostra le risorse che hanno i bambini. Arriva in Italia nel 1958. Le giovani lettrici scoprono che possono divenire forti e indipendenti e aspirare, da grandi, a sollevare e scaraventare lontano tutto ciò che usa loro prepotenza. L’autrice dice che con Pippi non ha voluto creare alcun modello, ma offrire protezione al desiderio di potere dei bambini e al loro terrore di ‘pietrificazione sociale’. Del resto Pippi è anche un po’ streghetta (e nel ’68 lo slogan delle donne più gridato era: “tremate le streghe son tornate”). Possiede una bella cassa di monete d’oro che le assicura indipendenza e libertà, usa la sua forza e i suoi poteri solo come difesa, la sua rivolta è circoscritta al mondo infantile: la società dei grandi non le interessa, è noiosa, come la scuola, il gioco è per lei la cosa più importante.
“Pippi” è un progetto dell’Università di Padova (aderì anche l’ambito di Manfredonia): prevenire il ricovero dei bambini in strutture protette, allontanandoli da situazioni di rischio, soprattutto familiare. Il nome e la qualità del progetto è ispirato a Pippi Calzelunghe, immagine del potenziale umano dei bambini nell’affrontare le situazioni avverse. Il progetto apre spazi di intervento, anche nelle situazioni più difficili, con azioni di sostegno educativo, scolastico, attivando una rete sociale in grado di rompere il circuito dello svantaggio e dell’emarginazione. L’obiettivo è prevenire le disuguaglianze sociali (di cui si parla molto in questo periodo), valorizzando le risorse dei bambini, le residue competenze genitoriali, il coinvolgimento di soggetti attivi e cooperanti. Insomma, siamo tutti coinvolti: i bambini non sono problemi ma bambini, le famiglie non sono casi clinici, ma famiglie da puntellare e sostenere.
Tra le tante esperienze fatte negli esami di maturità in molte città italiane, ricordo una, in particolare. A Foligno. Commissario di italiano all’istituto magistrale. Per la prova di italiano c’erano tracce specifiche e puntuali e una rivolta a tutti, piuttosto generica. Sulla violenza. Quell’anno c’erano stati episodi che avevano colpito l’opinione pubblica. La maggioranza svolse questa traccia. Elaborati ripetitivi e la correzione procedeva stancamente. Poi una novità, il tema di un privatista ventenne. Iniziava parlando della violenza nella natura, citazioni di Lorenz e altri, mostrava un patrimonio apprezzabile di letture personali… e poi le violenze psicologiche subite da un bambino “conteso” dai genitori, in un contesto difficile quale l’Alto Adige (regione con forti conflittualità etniche e linguistiche). Si capiva che parlava di sé. Passano gli anni e il bambino cresciuto, a diciotto anni, si allontana. Anche geograficamente. Lui altoatesino si stabilisce a Foligno, da solo, vive dando lezioni di musica. Il metodo Kodaly lo appresi da lui. E molto altro.