“Black lives matter” cambia l’America. Da noi tutti legati al carro del sovranismo.
Uno scuotimento profondo. Inimmaginabile. Ha cambiato il dibattito, le priorità, le parole. Tutto provocato da un uomo che con il ginocchio premeva su un uomo a terra.
Da allora, ovunque, uomini e donne che si inginocchiano. “Take a knee”, un gesto di preghiera e protesta. Un gesto religioso e politico contro l’America first e bianca. Trump risponde agitando la Bibbia, non si sa se è opportunismo o fede. Tutti i presidenti americani giurano sulla Bibbia nella “società più religiosa e secolarizzata delle nazioni occidentali”. Lì e in altri paesi vi è un dibattito sul colonialismo, sulle ingiustizie e vergogne passate. Da noi non c’è mai stato un esame sul passato coloniale. Siamo convinti che eravamo diversi e che siamo diversi. Ma che ne è dello ius soli? Del silenzio sui naufragi e dei morti in mare? Giorni fa un giornalista: “Ricordate il piccolo Alan Kurdi sulla spiaggia? Oggi non vi facciamo vedere i bambini morti nel naufragio di questo barcone”. Pare fossero una trentina.
In Italia a Borgo Mezzanone negli stessi giorni dell’inizio della rivolta americana ennesimo incendio con il morto. Nuovamente i tweet e i comunicati di sdegno sui ghetti. Durano da oltre trent’anni. Fin dalla fine anni Ottanta, migliaia di immigrati, impegnati nella raccolta dei pomodori, si sono raccolti in baraccopoli, all’inizio solo estive poi permanenti. Già da allora si avanzavano proposte: roulotte, tende, coinvolgimento degli agricoltori… Dalla politica e dalle istituzioni mai alcun sostegno. Tre anni fa lo sgombero del “gran ghetto”. Due i morti. I tweet di allora: Vittoria dello Stato. Ripristinata la legalità. Ora cancellare tutte le altre baraccopoli. L’insediamento si è ricostruito nei dintorni pochi giorni dopo. Rappresentanti del popolo a tutti i livelli auspicavano una “soluzione definitiva”. E richiedevano postazioni e presidi di polizia
Guglielmo Minervini (morto nell’agosto 2016), assessore regionale, ci aveva provato. Si era sentito tradito da tutti, anche dal terzo settore. Ebbe a dire qui a Manfredonia che non c’erano soluzioni facili e immediate, occorreva pragmatismo e gradualità… Ora finalmente a S. Severo la Regione è intervenuta con servizi, docce, container… per 250 posti, ma solo nella baraccopoli vicina ci sono oltre 400 presenze.
Periodicamente i “ghetti” esplodono a livello mediatico. Che cosa ha prodotto nella opinione pubblica l’incapacità non di risolvere ma almeno di provare ad affrontare il problema? E quei comunicati freddi e frutto di cecità politica? Se poi si aggiungono le affermazioni di alcune associazioni: “dare uno stipendio fisso a tutti gli immigrati”, “dare la casa a tutti”…. Si può comprendere perché il “prima gli italiani” abbia attecchito tanto forte e subito.
Si favorisce il populismo e il razzismo se non si affrontano i problemi, se non si è presenti, non si prova a sporcarsi le mani… Non porre questo problema tra le priorità ha avuto conseguenze gravi, ed ha inquinato l’immagine del Tavoliere in Italia e fuori. Anche con il boicottaggio di prodotti agricoli della Capitanata. Quando si inaugurò la Casa dei diritti, nella primavera del 2015, il prefetto Maria Tirone sbandierò un documento, inviato dal ministero degli interni: “I fatti e i dati qui descritti circolano nelle cancellerie di tutta l’Europa. L’inaugurazione di questo centro è importante e mostra che il problema si può governare: anagrafe degli immigrati, conoscenza e affermazione dei diritti, corsi di lingua italiana,…”. Gli esponenti politici del territorio erano assenti a quella inaugurazione.
Ora a S. Severo si inizia con la scuola. E si scopre che ci sono immigrati in Italia da 10 anni e non conoscono affatto la lingua italiana. I caporali sono i mediatori linguistici e questo è il loro potere.
Come finirà in America? Trump ce la farà? Per ora c’è una rivoluzione dal basso. Da Los Angeles, una delle città più ricche d’America, con migliaia di senza tetto, si prova a invertire il corso della storia. Da molte città americane una richiesta di sanare una frattura intollerabile tra chi ha molto e chi niente, chi è protetto e chi è esposto a tutto, tra umani e subumani.