Si apre la fase due anche per la politica locale. Il virus richiede scelte concrete e coraggiose.

POLITICA LOCALE

Stiamo passando dalla paura e dal panico a un atteggiamento di eccessiva fiducia, se non di euforia. Il virus è ancora diffuso. Durante l’estate rallenterà? È probabile.

La pandemia è stata preannunciata da scienziati, scrittori visionari, interventi ufficiali di due presidenti americani (Bush e Obama nel 2005 e nel 2014) nelle forme e nei tempi in cui si sta verificando. Allora come oggi la scienza sostiene l’assoluta necessità della partecipazione dei cittadini nel proteggere se stessi e gli altri, sono essi che possono interrompere il contagio. Questo vale ancor più nella fase due.

Di questa pandemia ne sappiamo ancora poco. La scienza ci sta dando una lezione di umiltà, di verifiche, di ipotesi da vagliare insieme. E’ urgente e necessario ripartire, non si può pensare, però, a un “piano perfetto”. Si dà per scontato che un ufficio, una fabbrica, i negozi adottino le misure giuste. La questione è come si legheranno tra loro: imprese, scuole, trasporti, cura delle persone… e come si comporteranno i cittadini. E’ una pandemia che lacera e sconvolge le modalità di comportamenti universali: le relazioni, i rapporti di contiguità, l’idea di salute e pericolo. Si deve agire “con il cuore e la ragione” (Merkel). Dobbiamo pensare, quindi, a una situazione dinamica, essere capaci di imparare dalle evidenze scientifiche e dall’osservazione quotidiana e di reagire con consapevolezza condivisa, facendo appello a una importante risorsa della mente: l’immaginazione. Immaginiamo solo per un attimo se ritornasse il contagio!

La politica per due mesi è stata ovunque in quarantena. Ora per la fase due entrano in campo i territori. A Manfredonia bisogna riprendere discorsi interrotti: le infiltrazioni mafiose (fra un anno si voterà), i conti pubblici, la protezione sociale… Il Coronavirus è stato un acceleratore di fenomeni critici in atto: dalla sanità alle modalità del vivere insieme.

A Manfredonia (come in tanti paesi del Sud) tutta la vita sociale e culturale si svolge nel Centro storico. E’ difficile il rapporto tra centro e periferie. Le nuove periferie sono lontane e gli abitanti stentano a vivere positivamente e creativamente la distanza, amano poco il proprio quartiere, né lo arricchiscono di relazioni, né promuovono occasioni di socializzazione. Corso Manfredi è il luogo del reciproco riconoscimento, della visibilità, degli incontri. Accoglie tutti; nelle ore serali c’è una maggiore prossimità che nelle processioni. Non è oggi sostenibile. Occorre rendere appetibile e desiderabile incontrarsi e passeggiare anche altrove, è necessario rivedere l’area pedonale, ridisegnare i luoghi aperti, le piazze. Una ricerca sugli spazi, piccoli e nascosti, potrebbe riservare delle sorprese positive.

Si possono utilizzare durante l’estate molti spazi all’aperto. Musica diffusa, teatro diffuso sono già stati sperimentati: nei cortili di palazzi storici, sulle antiche mura… piccoli gruppi che condividevano le emozioni della prossimità, ora possono provare le emozioni della distanza. Nel porto turistico, nel grande parcheggio vicino si può praticare il “cinema in riva al mare” con la distanza delle sedie. Le arene estive possono tornare. Il grande problema è il distanziamento, vissuto con fastidio, sofferenza. Ho appena letto una delibera della Regione Puglia del 2011 che pone “le seguenti distanze minime tra gli ombrelloni: metri 3 tra le fila e metri 2,5 tra gli ombrelloni della stessa fila”. Distanze mai rispettate. Ora si pone anche iI nodo della mobilità: bicicletta, pedoni, trasporto pubblico, auto. Tutto ora? E’ questo il tempo. Ma deve cambiare la cultura e poi c’è la commissione straordinaria… Ora si fanno le scelte. Ora il momento del confronto, delle proposte e della concretezza.

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