Joseph Tusiani. Sospeso tra due mondi, due lingue, due terre. E non è una maledizione

CULTURA

Chi lascia la propria terra, resta sospeso tra due mondi, “…forse due anime?/ Sono io un uomo o due strane metà di un uomo?”

Joseph Tusiani parte alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, da S. Marco in Lamis con la madre per raggiungere il padre in America, emigrato quando il figlio non era ancora nato e poi con il fascismo e la guerra non era più tornato. Joseph ha 23 anni.

Entra in un nuovo mondo. Quando arriva a Ellis Island si rende conto che l’odissea dell’emigrazione è piena di insidie. Il primo è la separazione fisica dal paese di nascita: immagini, luce, suoni, odori… Poi si accorge che deve compiere altri viaggi, tra cui il più arduo è quello linguistico culturale. I sogni diventano dreams, il cielo sky, mamma mother… Lui sa che le parole comunicano memorie, immagini, emozioni… e che si apre per lui un processo di acquisizione e di perdita. (Giordano).

L’autobiografia e la sua produzione letteraria raccontano la complessa esperienza migratoria oltreoceano: quelli di prima generazione, come la madre, che non riescono a integrarsi nella nuova realtà e quelli come il fratello e i nipoti, nati negli Stati Uniti, che parlano inglese e sono “veri americani”. Poi vi è lui, arrivato in America con una laurea in lettere e una identità. Diviso tra vecchio e nuovo, ha avuto la forza e la capacità di mettere insieme le radici popolari (e la fede religiosa) dell’Italia, l’amore per i classici, e di immergersi con energia creativa in una cultura nuova. (Valesio).

Tusiani è poeta e scrittore in lingua inglese, italiana, latina e nel dialetto del paese di origine. Si esprime in tutte con stupefacente naturalezza. In inglese ha tradotto Michelangelo, Dante, Tasso… e ha raccontato l’America che lavora e produce. Il dialetto è la lingua della gente della sua terra, una lingua con la quale ha un rapporto di sangue, carnale. In un incontro a Manfredonia, Tusiani ha letto le sue poesie (se non ricordo male erano brani de “La tomba di Patre Pi’”). Ero seduto al suo fianco e sentivo il suo corpo vibrare, l’inconfondibile voce che passava dalle sfumature più diverse: la carezza, l’ironia, l’impeto… Ascoltare Tusiani che legge Tusiani è stata un’esperienza unica. La lingua italiana è quella della sua formazione, dei suoi studi, la lingua dei classici. C’è poi la lingua latina. I versi non hanno toni oratori, piuttosto una musicalità malinconica. La sua poesia latina non rispetta la metrica del periodo aureo, segue più il ritmo del tardo latino dei canti della Chiesa… Perché il latino? Pochi poeti hanno scavato come Tusiani nella parola. Forse perché è la fonte di altre lingue europee? O perché il lessico latino (l’etimologia) è alla base anche della lingua anglosassone?

Nella sua autobiografia racconta che ritornando in aereo dall’Italia a New York sogna di trovarsi con la madre in un lungo luminoso corridoio, con molte porte ai lati. All’inizio e alla fine del corridoio due porte con la scritta: Entrata e Uscita. Arriva in fondo e sulla porta invece che Uscita trova scritto Entrata, si gira e su quella opposta il contrario, invece che Entrata, Uscita. Rifà il cammino  molte volte, affannato, ansioso… da una parte all’altra… Tenta di aprire le porte del corridoio, non trova nessuno. Finalmente appare il padre… “Sei proprio un bambino, so io dov’è l’uscita”. A quel punto è svegliato dall’assistente di volo. Mentre torna in auto verso casa, con la pioggia, i tergicristalli si muovono da una parte all’altra (sembravano dire: Entrata – Uscita). Comprende allora che si è sospesi, e lui deve accettarsi come uomo di due lingue, due anime. E non è una maledizione.

Tusiani è morto, ma la sua ricerca resta straordinariamente attuale. Ci dice la ricchezza delle lingue e degli scambi culturali. Ma anche le difficoltà e le sofferenze. E, in questi giorni, tra tanti disegnatori di scenari futuri inquietanti, Tusiani ci parla e dice sommessamente che i tempi che verranno potranno ancora essere un’opportunità se affrontati con umanità e creatività.

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn