Le epidemie hanno fatto la storia passata… E forse faranno anche quella futura.

CULTURA

Hanno modificato i rapporti sociali ed economici, determinato sconfitte e vittorie, creato le premesse di nuovi equilibri e nuove fortune.

Pensiamo alla peste di Atene. Tucidite la racconta nella guerra del Peloponneso. Veniva dall’Etiopia, debilitò la città e uccise la sua principale guida politica: Pericle. Segnò la sconfitta e il declino irreversibile di Atene. Ancora più devastante fu quella del 541 – 542 d. C. Arrivò dall’Oriente a Costantinopoli (imperatore era Giustiniano). Si diffuse per tutto l’Occidente; fu l’imponente rete viaria romana di 80.000 chilometri, con centinaia di ponti, porti, stazioni di posta a permettere alla peste di penetrare ovunque. In quel periodo si combatteva la guerra tra bizantini e goti e l’Italia, specie quella meridionale, uscì totalmente distrutta e sconvolta, nelle sue infrastrutture e nei suoi ordinamenti. La caduta “senza rumore” dell’impero romano è fissata nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo. Nessuno se ne accorse, allora. Dopo la guerra greco – gotica e con la peste, che dimezzò la popolazione, tutti avvertirono che era finita un’epoca e iniziava un altro mondo. Scomparsi organismi e istituzioni civili, un ruolo fondamentale assunse la Chiesa, con vescovi autorevoli come Lorenzo, venuto da Bisanzio a governare e proteggere le popolazioni garganiche.

Le epidemie arrivavano improvvisamente e invertivano il corso della storia. L’imperatore Enrico II il Santo (canonizzato il 1151) scese in Italia per combattere i Bizantini; dopo aver costretto alla resa alcune città di Capitanata, vide il suo esercito decimato dalla dissenteria e dalla malaria. Fu costretto ad abbandonare l’impresa di Puglia, appena agli inizi, e a riprendere la via della Germania, dopo aver visitato il Santuario di S. Michele.

La terribile peste nera (bubbonica) si sviluppò a metà del XIV secolo, tra i mongoli che assediavano Caffa, colonia genovese sul mar Nero. Non riuscendo ad espugnarla, con catapulte lanciarono i cadaveri appestati nella città. Di là si diffuse, in tutta l’Europa, svuotando le città e cambiando il destino di popoli e paesi. Era cominciata in Cina “con forse il primo focolaio nella regione dello Hubei“.

La relazione delle epidemie con il divino è inscindibile. Era un nemico invisibile e inafferrabile, come tale veniva dalle “forze delle tenebre“. Bisognava pagare un prezzo. Ricordiamo l’Iliade. Inizia con la peste. Il sacerdote Crise si era recato nell’accampamento greco con molti doni per riscattare la figlia, schiava di Agamennone. Il sacerdote fu offeso e allontanato, e invocò Apollo, che “gonfio d’ira scese dall’Olimpo e scagliò i dardi della peste”, che decimò gli achei. Per liberarsene restituirono la figlia al sacerdote e offrirono un sacrificio di buoi. Sempre gli uomini cercarono vittime sacrificali. Con la peste nera furono gli ebrei e le streghe. Gli ebrei in effetti morivano di meno, ma ciò era dovuto alla maggiore cura delle condizioni igieniche e al fatto che vivevano isolati, ghettizzati.

Nemico invisibile, imprevedibile, capriccioso, demoniaco: questo fu il più terribile flagello del Novecento, la spagnola. In Cile furono accusati poveri ed emarginati, a Odessa si rispolverarono riti arcaici, in Sudafrica si scagliarono contro i neri, in Brasile, il carnevale fu tutto dedicato alla morte, con maschere di demoni distruttori. E l’AIDS? Si parlò della peste del XX secolo, una punizione per i costumi sessuali immorali.

Il coronavisrus è la prima epidemia totalmente “laica”. Sono cancellati richiami o riferimenti ultraterreni e demoniaci, per ora almeno. Il racconto è su due piani paralleli: i grafici dei morti e e quelli delle borse. L’irrazionalità dei contagi e la razionalità economica. In borsa, perdite improvvise e repentini recuperi fanno arricchire e impoverire. A parte Trump che continua ad accusare i cinesi di essere gli untori, non tornano le vittime sacrificali. Ma questa epidemia lascerà il segno. Molte imprese non riapriranno, molti lavori muteranno, cambieranno equilibri economici e geopolitici. E noi, come saremo? Si potrebbe aprire, ragionevolmente, una ricerca faticosa per un modo nuovo di essere nel mondo. Una dialettica tra cura di sé e cura dell’altro, tra scelte economiche e nuovo senso della vita. Senza nascondere l’oscuro, l’irrazionale, le paure dentro di noi.

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn