Manfredonia, città mafiosa? Non lo credo. Però, parliamone
Si può stabilire il tasso di “mafiosità” di un territorio? Come misurarlo? Quali sono le caratteristiche?
Ero anni fa in Sicilia (commissario di latino e storia all’istituto “Finocchiaro Aprile” di Palermo). Una mattina in un incrocio un morto ammazzato, un secondo qualche giorno dopo… Una delle periodiche guerre di mafia. Ma nei miei contatti quotidiani la mafia non c’era. A Palermo, città affascinante e moderna, la mafia non si vedeva. Speravo di trovarla a Montelepre, Corleone… Chiedevo in giro notizie di lupare bianche (Il giornalista De Mauro) e mi rispondevano tranquillamente che era stato “murato”. Paesi normali, persone interessanti, sguardi indiscreti solo se si entrava con una donna in un bar…
Un consiglio comunale a Manfredonia cercò di parlarne un paio di anni fa. C’era chi diceva che era mentalità mafiosa parcheggiare in seconda fila. Qualche altro sosteneva che la mafia era solo racket e droga. Inutile cercarla altrove. Si tirarono in ballo le raccomandazioni, la corruzione…
Un funzionario pubblico preferisce lavorare fuori e fare il pendolare. “Mi trovo meglio. Sai con chi hai a che fare. A Manfredonia no, ci sono ampie zone grigie”. L’affittuaria di un appartamento a Siponto chiede a quale ufficio rivolgersi per far portar via rifiuti inerti posti davanti al cancello. “Ma conosci qualcuno?” In un dibattito pubblico tra il serio e il faceto si invitano ad alzare la mano coloro che non hanno mai chiesto un favore. Solo due lo fanno. Piccoli esempi e atteggiamenti che con la mafia non c’entrano nulla.
I preti si muovono. Don Salvatore Miscio a Manfredonia e don Luca Santoro a Mattinata organizzano assemblee su quanto sta accadendo, e, sul web, commenti irritati e offensivi: sono apostrofati come carrieristi dell’antimafia. Qualche riferimento e l’invito predicare il vangelo c’è anche per il vescovo. Sono casi anonimi e limitati.
In un Consiglio Comunale di Manfredonia qualche anno fa è circolato un foglietto per indicare chi avrebbe vinto diverse gare di appalto espletate nell’ambito sociale. Pare che ci abbiano azzeccato. Oggi, però, vi è una forma più sofisticata per favorire un’impresa, ed è penalizzare o escludere gli altri concorrenti. Così un’autorizzazione è ritardata per mesi, improvvisamente si sblocca, e si scopre che qualcuno è entrato come operatore, direttore… Non è mafia, è clientelismo; ed è il terzo settore a sporcarsi le mani, i politici al massimo danno l’indirizzo.
Nel Consiglio comunale passato una decina di eletti hanno superato 700 – 800 voti. Promesse tese ad ottenere consenso? Voto di scambio? Non credo. A Manfredonia (ma il dato è simile ad altri comuni) una parte consistente di consiglieri sono dipendenti Asl ed esponenti di cooperative sociali… Fanno favori? Non credo. Nei momenti di crisi il voto è leggero, una croce non costa nulla e si dà la preferenza a chi, pur non promettendo nulla… Non si sa mai! La vita sociale non sopporta vuoti. Se la comunità ha anelli mancanti, se la fiducia decade nascono meccanismi sostitutivi (protezioni e clientele).
Sempre più esteso è il controllo del voto. Alle amministrative qualcuno non si trovava con i voti, ha fatto ricorso, sapeva esattamente le sue preferenze ed anche i seggi elettorali dove “non avevano contato bene”.
Molti sono i silenzi, le frasi pronunciate sottovoce e guardandosi attorno. Altra cosa i gruppi chiusi, i clan (dentro politici, dipendenti pubblici, terzo settore…). Le lobby possono essere utili, possono produrre idee, progetti… se trasparenti. Qualche anno fa grande movimento intorno al Laboratorio urbano culturale (Luc), molte associazioni (una trentina) chiedevano di essere coinvolte nelle attività, nessuna di esse un anno dopo partecipò al bando pubblico per la gestione. Un paio di cooperative dissero che avevano paura.
Pochi esempi, che dovrebbero spingere la società civile a interrogarsi. “Sventurata quella terra che ha bisogno di eroi“. Misera quella città che teme un’opinione differente, un pensiero diverso, forme anche minime di dissenso.