A Siponto, il primo comune della storia d’Italia? Un dibattito appassionante.

CULTURA

Fin dalla metà del secolo XI ci sono atti che sembrano provare l’esistenza dei consoli nelle città meridionali.

Nel documento del maggio del 1064 alcuni cittadini di Siponto attestavano che Gandolfo in punto di morte aveva dato ad essi cinquanta passi di acqua pescabile con l’incarico di trasmetterli alla badia di Montecassino. Essi si definivano: “qui sumus consis civitatis Sipontinae” (noi che siamo consis della città di Siponto). Consis era letto dallo storico tedesco Lothar Heinemann per consules e pertanto quei cittadini dichiaravano di essere consoli di Siponto. Gaetano Salvemini esaminava il documento a Montecassino e leggeva “consis” comes e quindi comites, conti, personaggi importanti, ma non consoli. E confutava la relazione operata da Heinemann tra la funzione dei boni homines e quella dei consules. Jules Gay, a sua volta, proponeva di leggere la parola contestata come comunitatis, e, quindi, i tre cittadini si definivano “membri della comunità della città di Siponto”.

La discussione se il Comune sia sorto, prima che nell’Italia del Nord, a Siponto e in altre città di Puglia e dell’Italia meridionale, ha appassionato gli storici del Novecento. Per Carabellese “ciò che nell’Italia settentrionale avvenne nella seconda metà del secolo XII, in Apulia si verificò  fin dalla prima metà del secolo XI”. Per Romolo Caggese le forti esigenze autonomistiche svilupparono nella regione fin dal principio dell’XI secolo un movimento in direzione comunale, parallelo con lo sviluppo delle collettività cittadine operanti intorno ai loro vescovi nell’Italia del Nord. Di un Comune (con forti tratti di autonomia) che non riuscì a consolidarsi e svilupparsi parla anche Giovanni Tabacco, uno dei grandi medievalisti del secondo ‘900.

Nel Nord dell’Italia la nascita dei comuni fu originata dal mutamento del ruolo dei boni homines, con la formazione graduale di gruppi dirigenti, che, in rappresentanza dei cittadini, eleggevano i consoli, ponevano limiti all’autorità episcopale, esercitavano il potere legislativo. Nel Sud tutta la documentazione esistente dà un ruolo centrale alla figura del vescovo. A Siponto era lui a convocare i boni homines, e nei pressi della Cattedrale e dell’episcopio si dovevano trovare gli edifici civili, tra cui il palazzo del Gastaldo. La diocesi, aggregata dal 668 a Benevento, riprende la sua autonomia nel 1034 con l’arcivescovo Leone Garganico, che diede un nuovo slancio artistico ed economico al territorio.

“Le grandi città di Siponto e di Lucera, tra il 1060 e il 1071, pare abbiano conservato la loro piena indipendenza… l’arcivescovo di Siponto conclude un accordo col popolo della città e i suoi principali rappresentanti senza fare alcuna allusione ai Normanni” (Jules Gay). Era una municipalità egoistica, gelosa, poco disposta alla collaborazione, con rivalità incessanti, e scontri tra X e inizi del XII secolo fra città vicine: le genti di Ascoli in lotta con quelle di Siponto, Bari e Trani divise da frequenti contese…

Man mano che prendeva consistenza la politica accentratrice dei Normanni e di Ruggiero II, le autonomie cittadine ebbero vita difficile; la disparità tra i Comuni pugliesi o del Sud e quelli del Nord emerse più forte dopo il 1130, che segna la nascita del Regno Normanno; da allora si può dire che, mentre i comuni lombardi acquistarono man mano la libertà, quelli pugliesi, ogni volta che tentarono di sollevarsi contro lo Stato perdevano pezzi di autonomia. Nonostante le difficoltà e le repressioni, aneliti di libertà continuarono ad agitare a lungo sentimenti e passioni, se in ogni interregno nascevano rivolte spesso alimentate da ricchi mercanti. La politica accentratrice di Federico II (1194 – 1250) non cancellò totalmente l’autonomia: il sovrano svevo, infatti, chiedeva alle città più importanti due tra i migliori cittadini per periodiche consultazioni (pro utilitate regni et commodo generali).

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