Il Sud “svuotato” di giovani. Non sono cervelli in fuga, e lo sviluppo non è solo economico.

CULTURA

“Io resto qua” è il cartello che a Manfredonia orgogliosamente un gruppo di giovani mostra. A sottolineare il coraggio di chi ha scelto di rimanere.

Sono degli inizi del ‘900 le tristi considerazioni di Romolo Caggese sulla difficoltà di restare. “Oh, quando alcuno si eleva alto nella vita per virtù di pensiero, è il demonio, è satana, è la peste! Bisogna allontanarlo, circondarlo di sospetti, avvelenarlo di calunnie. Così, con le fitte schiere di emigranti in cerca di pane oltreoceano, i più forti di volontà emigrano al Nord d’Italia, dove più sicuro campo d’azione hanno le energie dello spirito”. Caggese (Ascoli Satriano 1881, Milano 1938) ha insegnato nelle Università di Firenze e Milano, storia medievale e moderna.

Monte S. Angelo. I funerali sono un’occasione di incontri e riflessioni. Un signore padre di quattro figlie fuori. “Qui ormai a 18 anni tutti vanno via. Partenze senza ritorno. Tutti sanno di dover andare via. La partenza vissuta come necessaria impedisce di vivere bene anche il periodo adolescenziale, persino a livello affettivo. Scoprono successivamente i luoghi della propria crescita, quando si trovano a Bologna, Milano… E parlano spesso con malinconia e rimpianto delle opportunità perdute”.

Ci sono quelli che tornano, e rimpiangono il Nord. “Ho lavorato a Parma. Infermiera. Mi trovavo bene. Un sistema chiaro, responsabilità definite e gestione collaborativa. Qui è diverso e non so spiegarlo… qualcosa di spento, di entusiasmo che non c’è… Eppure ci sono venuta volentieri, e ci resterò. Ma so che perderò molte cose”. Su un quotidiano, l’intervista a un medico barese che ha fatto il tirocinio in vari ospedali del capoluogo pugliese: “Ovunque abbastanza bene. Ma ora che lavoro a Milano da un anno, non ho voglia di tornare giù. Qui mi trovo bene. Dovrei dire meglio”.

Romolo Caggese andò via dopo gli studi ad Ascoli e Foggia, a 19 anni. Non so che cosa lo spinse alla partenza e a quel giudizio amaro sulla terra di origine. E oggi? Che cosa c’è che non funziona? Lo scarso rispetto di meriti e competenze? Le clientele e i favori? O anche un certo adagiarsi, un provincialismo ristretto?

Lo sviluppo è inteso solo in senso economico. Bloccare l’emorragia dei giovani non significa operare esclusivamente sul fronte del lavoro, ma anche dei rapporti sociali. La mediocrità delle classi dirigenti non viene corretta, purtroppo, dalla vitalità popolare, dalla ingegnosità e creatività della gente. Anzi, è accettata e assecondata dalla rassegnazione, adattabilità e tendenza ad adeguarsi. Ogni governo locale e non solo, ha bisogno di una “demagogia” o meglio di parole d’ordine che si muovano verso obiettivi e speranze condivise, per costruire un racconto di “star bene per tutti”, apprezzamento della qualità, rispetto per la dignità delle persone, indignazione per coloro che il lavoro non lo meritano (assenteismo, clientelismo, corruzione). Una “retorica” che potrebbe tirar fuori, specie nei giovani, le leve combattive del carattere e cioè orgoglio, ingegno, gratuità, cultura disinteressata che sono le cose che rendono gli esseri umani cittadini.

Vi sono nel Sud estese zone grigie, che non aiutano a crescere.  I progetti e le utopie non sono un compito di intellettuali, ma di gruppi, anche piccoli, seri e coscienti, “persone di buona volontà che sanno vedere e imparano a ben fare. A ribellarsi contro l’ingiustizia” (Fofi). Mancano queste “minoranze etiche”, disubbidienti, che parlano di diritti e anche di doveri, chiedono il buon governo, fatto da persone che studiano, ascoltano, cercano di migliorare le competenze, guardano agli interesse collettivi. Non la solita denuncia dei mali del Sud, ma proposte, punti di vista… In questi giorni di vacanze si avverte la presenza di tanti giovani. Non sono cervelli in fuga. Non raccontano le paure, le ansie, i rischi, la Brexit, il lavoro nei bar o nei pub, i pranzi alla Mc Donald… Partiranno a breve. Altri continueranno ad andare via, perché lì avvertono, comunque, un mondo che si muove… Chissà, se un’alleanza tra chi parte e chi resta..

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