Oltre la mafia. I “tre comuni” provano a risalire la china
Un triangolo. Tre comuni, un’unica realtà sociale ed economica, un collegamento stretto. Monte S. Angelo, Mattinata, Manfredonia. Tre comuni, in un breve periodo di tempo, sciolti per sospette infiltrazioni mafiose. Un caso unico in Italia.
Per i primi due, sorpresa e sconcerto. Un fatto inaspettato. E c’è stata una risposta dal basso, una voglia di discutere, di sentire, di capire… Gli incontri sono avvenuti nelle parrocchie. A Monte S. Angelo (patrimonio Unesco) in quella del Carmine e a Mattinata nell’unica che c’è. Percorsi interessanti cui hanno partecipato anche gli amministratori “puniti”. Sorpresi, stravolti, disorientati. Incapaci essi stessi di dare spiegazioni. In fondo hanno amministrato come sempre, “bene” sotto certi aspetti. Né Sindaci o membri delle giunte hanno ricevuto provvedimenti interdittivi. A fatica, però, nelle due comunità, si è entrati in un campo nuovo, in un linguaggio nuovo. Cosa vuol dire amministrare in un contesto mafioso? Contesto che non costituisce elemento di scioglimento, ma comunque c’è, e occorre vedere come ci si rapporta. Gli amministratori non hanno commesso alcun reato e nemmeno hanno assunto comportamenti censurabili. Sono puniti per quello che non hanno fatto, piuttosto che per quello che hanno fatto.
Agli amministratori (e a tutti) si chiede la consapevolezza del fenomeno mafioso, anche nelle sue pieghe nascoste, che non si riduce a non frequentare determinate persone o stabilire opportune distanze. Si chiede di essere “educatori”, usare parole e comportamenti per sensibilizzare al senso civico, in città dove manca la società civile. Si richiedono politici e cittadini espressione di una nuova cultura politica, che metta al primo posto la cura del bene pubblico e dei beni collettivi, quelli materiali, immateriali e relazionali. Sui beni comuni e sugli spazi pubblici si appunta spesso la riflessione della commissione antimafia; e la fruizione dei beni collettivi (con pari opportunità per tutti) è alla base delle richieste (anche inespresse) dei cittadini.
A Mattinata l’esperienza in atto è molto positiva: incontri, forum tematici, quasi prove e simulazioni del buon governo. Ed ora il presidio di Libera. Perché la mafia e i comportamenti mafiosi quotidiani non si cancellano, la scuola dei diritti deve sempre essere attiva e frequentata. Da questi luoghi, da questi incontri può nascere una nuova classe dirigente? Sicuramente nascono idee, politiche, comportamenti o semplicemente un modo di essere cittadini che né stanno in silenzio, né gridano, né si scelgono un padrino, ma parlano, discutono, protestano, non si rassegnano, esprimono pubblicamente rabbia e critiche. Fanno politica.
A Manfredonia vi è una situazione più complessa. Il provvedimento di sospette infiltrazioni mafiose è giunto in un Comune che si era già sciolto per dissidi interni e per un disastro amministrativo comunicato dalla Corte dei conti a una popolazione e a un Consiglio comunale ignari. A Manfredonia si è costituito il presidio “Ultimi”. Una forma che viene da Scampia. Parte da esperienze fatte e potrà essere utile mettere in campo forme di scambio e confronto.
A Manfredonia è più difficile: non vi è stata solo un’amministrazione pubblica che ha perduto nel corso del tempo obiettivi e strategie, ma vi è stato un “sistema organico di potere“, segnato dalla logica di stare tutti dentro (“Siamo stati maggioranza e opposizione”, ha ripetuto l’ex vicesindaco). Una città dove si è spenta la società civile, incapace di porre semplicemente delle domande: competenze (e incompatibilità) di nomine varie e di assessori, priorità delle scelte, sistema (e controllo) del voto, decadenza del linguaggio pubblico. La fine di un “sistema organico” comporta un percorso più lungo. Se pure si riuscirà a scardinarlo! C’è in giro una sensazione di “orfananza” (senza rimpianti in verità), e la preoccupazione della mafia appare di gran lunga inferiore a quella dell’aumento di tasse e tariffe. E i giovani non ci sono.