Oltre la mafia. Disarmare le lobby e armarsi di idee e di parole.
Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non è un provvedimento sanzionatorio ma preventivo.
Le situazioni non sono traducibili in addebiti personali, ma rendono, “nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l’avvio dell’azione penale e per l’adozione di misure individuali…”. Questa la risposta del Consiglio di Stato ai ricorsi degli amministratori di Monte S. Angelo.
C’è un proverbio inglese: “Con cento lepri non si fa un cavallo, con cento sospetti non si fa una prova”. Qui invece di sospetti ne servono molto meno e forse il sistema deve essere rivisto. Lo ha riconosciuto anche la Corte di Cassazione: ormai le misure preventive hanno assunto una preoccupante natura “oggettivamente sanzionatoria”.
La relazione della commissione indica, quindi, una situazione di pericolo, cui potrebbero seguire forme interdittive, alle quali si potrà fare ricorso. Dopo l’euforia della notizia di condanna, lo sguardo da buco della serratura, è subentrata un po’ di delusione… Ci si aspettava (qualcuno temeva) un giudizio netto e drastico… La relazione non sostituisce un ceto politico, né si sostituisce alla cittadinanza.
Il paesaggio urbano, comunque, sembra segnato da una perdurante attesa (Corte dei conti, relazione antimafia e ora ricorsi ed eventuali misure interdittive) e c’è un’afasia nella comunità, non si inizia a parlare di quello che è accaduto, a ragionare finalmente di politica, di idee, di futuro, non solo del ceto politico ma della città. Sembra che manchi un laboratorio degli attrezzi. Per iniziare occorre conoscere le questioni, saper distinguere le responsabilità, comprendere le ragioni del declino di una città e di una classe politica.
Il tramonto di un lungo ciclo iniziato tanti anni fa. Con un gruppo bolognese fiorentino che ha intrecciato le sue fortune con elementi indigeni vogliosi di fare e di emergere. Hanno saputo interpretare i bisogni di una città ancora “giovane” ed hanno delineato un quadro avanzato di opere pubbliche, infrastrutture e proposte di sviluppo. Manfredonia è riuscita a dotarsi di spazi e strutture importanti (a farne l’elenco si riempie una pagina intera), recuperando un ritardo che la poneva nella Capitanata agli ultimi posti per luoghi di aggregazione sociale e culturale e per i servizi. Divenne la città più attrattiva della provincia, e non solo. Il popolo ha premiato quel gruppo con suffragi notevoli in varie tornate elettorali. Perché? I Manfredoniani sono ingenui, stupidi, “potenziali clienti”? C’è chi lo pensa. Forse, più semplicemente, perché, nonostante tutto (clientelismo, favori, arroganza) aprivano qualche squarcio di speranza.
Poi il declino. Quando è cominciato? Lentamente, come quegli smottamenti invisibili: perdita di progettualità, conflittualità interne, arroccamento delle posizioni, le stesse persone, che ruotavano in spazi ristretti. Sindaci e assessori, già durante il mandato, pensavano a dopo, e negli ultimi anni la spartizione degli incarichi era l’unico fragile collante. Un “gruppetto” sospettoso, incapace di alimentare e sostenere le aspirazioni di una comunità disorientata e di cogliere in essa elementi di novità e dinamismo. Litigioso, ha trasportato la conflittualità nelle strutture socio assistenziali (cooperative sociali, casa di riposo Anna Rizzi), nelle partecipate (Ase, Oasi lago Salpi). Negli ultimi anni, sempre più un coacervo di interessi contrapposti, clan, clientele, allargate al terzo settore e alla stessa burocrazia comunale. Un gruppo incapace di rinnovarsi e di cambiare le solite forme di governo clientelare, pur in presenza di una crisi economica segnata da tagli e riduzione di finanziamenti.
E ora? Il ruolo della commissione straordinaria è quello di amministrare i conti, ma anche di curare la coesione sociale, e quindi disarmare le lobby, ripulire di tante incrostazioni l’agire politico, stimolare la politica e la società civile ad armarsi di idee, di parole, di pensiero critico.