Oltre la mafia. Una élite tossica e litigiosa che ha spento il dibattito e ha perso tutto.

CULTURA

E’ normale aspettare i risultati della commissione antimafia, ma il giudizio sull’amministrazione uscente deve prescindere da quanto sarà deciso.

Ci sono valutazioni politiche da fare, da proporre. Un giudizio negativo, cioè di non infiltrazione mafiosa, non può assolvere, come pure un giudizio positivo non potrà ammucchiare tutti. E’ normale e possibile allargare lo sguardo e vedere nel passato le radici dell’oggi, tenendo presente, però, che i cittadini hanno già valutato le esperienze precedenti. Ci sono oggi due orientamenti: si va da una “comoda” melassa, che avvolge 30 anni di vita manfredoniana, senza operare distinzioni, senza guardare a ciò che è stato fatto, a quanto è avvenuto nel Sud, e ci sono coloro (PD) che non hanno risposto, non rispondono a sollecitazioni e critiche, al silenzio di una moltitudine di persone disorientate. Parlano di errori (senza provare a dire quali) e non di modi di fare politica, di atteggiamenti mentali (dilagati negli ultimi anni), di chiusure verso forme timide di cambiamento…

Proviamo a ragionare come se la commissione non ci fosse. Capire cosa non ha funzionato, senza aspettare il giudizio dell’antimafia. La democrazia è fatta di volti, persone con aspettative e bisogni, è un sistema per stabilire regole condivise di giustizia, norme non per tutelare me e te, ma i terzi, tutti i cittadini. Quando questo orizzonte si restringe il “Palazzo” si trasforma in un labirinto dove solo alcuni trovano la via, e lo spazio politico diviene carico di sospetti e veleni.

Che fare? Dobbiamo tutti tornare a studiare, a leggere la città e il territorio… Libri e non opinioni da bar, incontri con persone e luoghi e non le voci di amici rassicuranti. Consiglio un libro: Vincenzo Costa: Elite e populismo. Ricavo tre spunti.

Una elite diventa tossica e disfunzionale quando risulta incapace di assumere il punto di vista dell’altro e questo atteggiamento malato costringe l’altro a esprimersi in maniera malata”. Elite tossica è quando ostacola i processi di formazione di una volontà generale, un’opinione pubblica, e ritiene che incontrare i cittadini sia una seccatura e non un’opportunità. E’ quando, in un progetto, non si pensa ai vantaggi che potranno esserci per il popolo, ma solo per pochi. Quando la pista ciclabile non significa immaginare un modo nuovo per muoversi e vivere… ma solo un finanziamento, incarichi da distribuire. “Tanto sono soldi europei”. E’ tossica quando si creano strutture sociali (Centri per minori e disabili, Casa dei diritti, Luc… ), e non si assicura una gestione aperta a nuove istanze. Lo è quando non si preoccupa della comunità e delle idee che l’attraversano e ritiene che amministrare significhi solo avere (e distribuire) soldi.

“Il pubblico politico diviene solo il luogo in cui una massa di consumatori consuma il messaggio politico che le differenti fazioni dell’elite offrono”. Con la chiusura degli spazi e degli incarichi politici a Manfredonia la competizione è divenuta aspra, il dibattito chiuso, “i panni sporchi si lavano in casa“, ed allora il popolo, gli elettori sono stati ridotti a pubblico. Primarie sempre improprie: non per votare un segretario o candidato sindaco… ma affermare i gruppi di potere interni. Un momento di distrazione di qualche esile controllo e arrivano 500 votanti. Risultati annunciati. Senza mai una sorpresa. La democrazia è un modo di vivere, stare nella quotidianità, è imprevedibile e vivace prossimità. Invece in modo accentuato l’elite ha recitato lo stesso spettacolo, nel tempo divenuto noioso, stupido, scontato. E la gente se ne è andata, prova a vedere altri spettacoli; annoiata e infastidita da élites locali, che hanno creduto di continuare a risolvere tutto con meccanismi di ingegneria istituzionale (rimpasti, inserimenti, cooptazioni…).

“Quando l’elite è troppo impegnata nelle proprie lotte interne, disancorata dal mondo della vita diviene incapace di intercettarne il dinamismo”. Inidonea a riconoscere le risorse della comunità; strabica e litigiosa, non ha sviluppato confronti, responsabilità collettive, tensione culturale. Incapace di inserire aspirazioni e disagio entro un progetto di cambiamento, e di tenere aperti gli orizzonti, la cui mancanza genera paura e disperazione. “Discutevamo all’interno: non potevamo far vedere che volavano gli stracci”. Ma era questo spettacolo più vero che con coraggio bisognava mostrare. Per non perdere qualcosa si è perso tutto.

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