Politici che amano troppo… e gli impressionisti tornano a Siponto
“I panni sporchi si lavano in casa”. Lo disse Andreotti nel dopoguerra. Bocciò, censurò molti film che raccontavano la miseria, la sofferenza.
Era il neorealismo, che rappresentava il paese come era, non solo la povertà, ma anche la ricerca di dignità, la voglia di riscatto, essere un paese nuovo. La ricostruzione mostrava un popolo diviso, contrapposto, ma sulle questioni fondamentali unitario e costruttivo. Pure oggi non manca l’irritazione nei confronti di chi “parla male” della città o posta foto che la presentano sporca, brutta, volgare. Chi lo fa non ama la propria città, si dice.
Ritornano, nei dintorni di Manfredonia e nel Tavoliere, le pitture naturali disseminate di papaveri che sarebbero piaciute agli impressionisti. I papaveri erano amati per la loro flessibilità, fragilità, semplicità. Si possono raccogliere anche quando sono ancora chiusi nella capsula ovale e dischiuderli, tirar fuori le foglie raggrinzite, che si distendono vogliose di luce e aria.
Numerosi sono gli articoli e i comunicati di politici (e non solo) che confessano un amore appassionato e totale per la città, la propria città. Una specie di lasciapassare, un ombrello per giustificarsi e difendersi. E se l’amore fosse troppo? Se valesse per la città quello che vale nei rapporti d’amore tra gli umani’? Amarla troppo al punto da tenerla sottomessa, soggiogata? Un amore patologico. La città è fatta da persone, gruppi, “tribù”… Chi dirige e governa si muove tra bivi e incroci continui: servire o esercitare il potere, utilità sociale o utilità privata, amare la giustizia o le clientele. E deve compiere le sue scelte (chiare e comprensibili), ma prima ancora deve ascoltare, capire, studiare. Forse più che di amore o empatia (come dicono molti) c’è bisogno di ragionevolezza, di un patto di sincerità con la città, di un senso di “paternità” per farla crescere.
In questo periodo di arrivi e di partenze, un trentenne è ritornato in Germania: “Qui ho resistito, a lungo, ma poi nel mese di ottobre dello scorso anno, in una serata piovosa, questa città ha detto che non mi ama. Io l’ho amata, invece, e l’amo ancora…. Ma qui non si cresce. A Francoforte in pochi mesi ho avuto quello che qui non c’è e che desideravo: dignità e rispetto… La bella amata Manfredonia, il paesaggio, il mare, il clima non bastano. E gli abitanti? Per lo più si accontentano… Ci sono quelli che si danno da fare per animare luoghi sociali e culturali… Ma sono pochi. La sporcizia non è solo nelle strade. E io sono contento di partire.“
Godiamoci, intanto, questo immenso quadro degli impressionisti. Un museo aperto, libero, fruibile con i 5 sensi. “Ma – direbbe qualcuno – questi quadri naturali sfumano, sono ogni giorno diversi e poi non si possiedono!” E non è questa la cosa bella? Una casa larga come gli spazi liberi del Tavoliere, senza oggetti e senza quadri.