Povera Chiesa e povera Europa. Il vescovo Vailati e la pedofilia

CULTURA

Un difficile rapporto con i tempi moderni, il concilio incompiuto, molti problemi sospesi, ed ora la pedofilia. L’antica, prudente saggezza della Chiesa non regge più.

E’ il dramma dei nostri giorni, molto più grave se commesso da un sacerdote. Uno scandalo, il cui colpevole farebbe meglio, dice il Vangelo, a legarsi una pietra al collo e precipitare nel fondo del mare. La pedofilia si è protratta a lungo, inutilmente e stupidamente nascosta e sempre riapparsa. Incontenibile e lacerante.

Era il 1988 e di pedofilia non si parlava. Il vescovo dell’Archdiocesi di Manfredonia-Vieste era Valentino Vailati (1914 – 1998). Mi chiese in modo riservato di andarlo a prendere in episcopio la mattina presto alle 6 e condurlo presso l’istituto per minori “Stella Maris”. Feci questo per tre o quattro volte. Lo riaccompagnavo dopo un’ora circa. Lì lui interrogava il prete sul quale si stava indagando, poi processato per violenza carnale, atti osceni, maltrattamenti. Fu condannato in primo grado a tre anni, poi in appello la pena fu alleggerita perché si escluse la violenza carnale, e il tribunale accolse la “memoria” del Vescovo che era arrivato a quelle conclusioni prima del completamento dell’iter processuale. Vailati ebbe un comportamento fermo e discreto; non fu mai tentato di nascondere, fece semplicemente quello che andava fatto. L’istituto di assistenza per minori “Stella Maris” di Siponto fu chiuso, e dopo alcuni anni aprì la casa di riposo. In auto facevamo lo stesso tragitto, per il lungomare. Parlavamo per lo più del Sinodo diocesano. Vailati mi aveva voluto nella segreteria. E quando gli dissi: “Eccellenza, io sono laico!”, mi rispose: “Per questo chiedo la tua collaborazione, per leggere insieme questo territorio e questo tempo”.

Rimase 20 anni alla guida della diocesi (dal 1970 al 1990); alcuni criticavano la sua “freddezza piemontese”, invece ebbe un grande amore per questo territorio e per la diocesi, che contribuì a trasformare profondamente e sulla quale pubblicò numerosi scritti; una storia dell’Archidiocesi di Manfredonia è ancora oggi un riferimento importante. Molto diverso da mons. Tonino Bello (1935-1993), con il quale ebbe un rapporto di profonda amicizia e stima. Una volta mi raccontò che in un incontro della Conferenza episcopale pugliese, don Tonino si presentò in ritardo e con le scarpe sporche di fango e qualche vescovo ebbe da ridire. Vailati sorrise e sottolineò la diversità positiva e stimolante del vescovo di Molfetta. Era dotato di profonda ironia e aveva sempre il senso delle proporzioni. Fu lui a pronunciare una frase che allora mi colpì: Il prete viene giudicato severamente per il peccato contro la castità, ma non per quello più grave contro la carità.

Una vicenda di oltre 30 anni fa che avevo dimenticato, poi su una rivista lessi una mappa dei processi di pedofilia e con sorpresa appresi che il primo caso in Italia (con condanna definitiva) era proprio quello di Siponto.

E’ un momento di debolezza per la Chiesa. In alcuni paesi europei i cattolici si sono enormemente ridotti e molte chiese sono abbandonate e… vendute. Gli echi della pedofilia saranno lunghi.  La pubblicità di uno studio legale statunitense dice: “Vuoi guadagnare 1 milione di dollari? Manda i tuoi figli in parrocchia per un certo tempo, poi passa da noi”. Allude ai risarcimenti milionari che la Chiesa paga per le vittime di pedofilia. All’estero l’informazione su questo tema è aspra, estesa, quotidiana, generalizzata. Sarà difficile voltare pagina. I valori cristiani (solidarietà, ospitalità, sussidiarietà…) sono a fondamento (insieme ad altri) dell’idea di Europa. E la debolezza della Chiesa, in questo momento di epocali mutamenti, rischia di lasciare campo libero ai leader sovranisti, che sbandierano il rosario e il crocifisso, nella difesa di una presunta identità cristiana, chiusa e sotto assedio.

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