I tweet e Salvini. I morti di serie A e di serie B.

CULTURA

La logica del tweet ormai contagia ogni discorso, ogni intervento, la lingua, la sintassi. Si parla come un tweet continuo, ripetitivo. Una logica sempre oppositiva (o con me o contro di me).

Appartiene a Salvini e a molti altri. Per dimostrare che si è sinceri, veri, senza compromessi. La parola viene violentata, banalizzata, ripetuta. Senza cura e pietà. Negli anni Settanta ci fu una collaborazione tra Lucio Dalla e il poeta Roberto Roversi. Durò due-tre anni e produsse un mucchio di belle e originali canzoni. In una intervista, anni dopo, si chiese a Dalla che cosa gli avesse insegnato Roversi: “La pietà. Sì, la pietà per la parola… immaginare dove arriva, a chi, quali emozioni potrebbe suscitare”.

Nel giorno del ricordo delle foibe, sempre con la logica del tweet, Salvini dice: Non esistono morti di serie A e di serie B, criminali gli uni e criminali gli altri, i bambini delle foibe sono come i bambini di Auschwitz… E’ giusto. Ma le distinzioni sembrano dettate più per rafforzare la compattezza del gruppo. E questo in un momento di pausa, di tregua, di memoria, per pensare a quanto accaduto, di pietà per le singole storie.

La Shoah non è l’unica infamia della storia, ci sono i gulag, la tratta dei neri, gli aborigeni della Tasmania… Nella seconda guerra mondiale i crimini orrendi sono tanti: quelli commessi da italiani contro gli Slavi (i lager di Gonars e Arbe), contro i Cosacchi della Carnia… E le foibe. Su cui c’è stato un silenzio oltraggioso. Su cui tanta sinistra (e non solo) ha taciuto.

La pietà, il ricordo è per tutti. Uguale, intenso. La Schoah resta, però, uno spartiacque. Dopo di allora il mondo, l’Europa, il senso delle cose non sono più come prima. Il massacro degli ebrei non è stato il risultato collaterale di violenze e terrori, sangue che segue sangue, ma la fusione fredda di barbarie e razionalità, ferocia selvaggia e tecnocratica. Un fine perseguito intenzionalmente, scientificamente con leggi, atti giuridici, violenze crescenti. E questo nel cuore dell’Europa, nel ‘900, nella patria di Lessing, Beethoven, Haidn, Kant, Goethe, Schiller… Nei campi di sterminio si ascoltava Beethoven, l’autore dell’inno europeo!


La morte sono i morti, le grandi stragi sono fatte da morti individuali. Come Norma Cossetto, ragazza istriana stuprata e gettata nelle foibe. O il prof. Kraus che deportato a Terezin (dove muore a 84 anni) parlava della letteratura tedesca a ragazzi prossimi alla morte, citando a memoria larghi brani del Faust. O Aron Lieukant, che, sul treno che lo porta ad Auschwitz, scrive ai figli (Berthe e Simon) di non bere acqua ghiacciata quando sono sudati. Nelle foibe, ad Auschwitz… si è praticata la cancellazione dei corpi di queste persone, come se non fossero mai esistite. Questa la bestemmia atroce. Vico fa derivare la parola uomo da humus, terra, sepoltura; per Foscolo l’idea di umanità è quando le “belve umane” iniziano a seppellire i morti. Perché ognuno è unico, con una storia irripetibile.

Per questo devono farci inorridire i morti scomparsi. Qui vicino a noi. Sul Gargano. Tre anni fa suggerivo di leggere a Mattinata il discorso di Antigone, che si ribella a chi le aveva proibito di seppellire il fratello. “Il divieto di un mortale può sovvertire le leggi non scritte, inalterabili, eterne: quelle che nessun uomo sa quando comparvero. Potevo io per paura di un uomo, dell’arroganza di un uomo, venir meno a queste leggi davanti agli dei?”

C’è una lapide che ricordi gli scomparsi della mafia (come quel bambino sciolto nell’acido)? C’è una lapide che ricordi un’intera famiglia di 5 persone (tre figli, tutti minorenni, tra cui una bimba di 5 anni) scomparsa nelle grotte garganiche o data in pasto ai maiali? Chissà se almeno quella bambina viene ricordata nella giornata delle vittime della mafia.

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