Il crollo del ponte a Genova. “Scostatevi, per favore. Lasciate un po’ di spazio alla pietà.”

CULTURA

Disastri e calamità accompagnano la storia degli uomini, e sempre la fatalità ha un posto importante. Nel terremoto di Messina del 1908 morirono 100 mila persone. Lo storico molfettese Gaetano Salvemini, che in quella Università insegnava, perse la moglie, la sorella e i suoi cinque figli. Parlò del terremoto sull’Avanti e poi un piccolo accenno anni dopo, quando confessava che apriva le lettere della moglie e non riusciva a leggerle. Nel terremoto di Messina il poeta Michele Calauti perse la madre e i suoi tre figli, mesi dopo scrisse un breve testo, cui risposero diversi letterati, tra cui la scrittrice Matilde Serao: “Chi sa fare qualche cosa del suo dolore, quello solo merita di essere consolato”. Il filosofo Benedetto Croce adolescente perse i genitori e la sorella nel terremoto di Ischia del 1883. Ne scrive in modo discreto anni dopo, e sempre in primo piano ci sono i morti, i ricordi, il rimorso di chi è rimasto vivo, “dissepolto”.

Pur non mancando allora da parte di giornalisti, politici, cittadini richiami forti alle autorità su responsabilità e inadempienze, è con l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, e, in particolare dopo gli anni Sessanta del ‘900, che ogni calamità è accompagnata in Italia da polemiche sui soccorsi e sulle responsabilità. Un fatto positivo, nel senso che ha permesso l’organizzazione di corpi specializzati, la discussione sulla prevenzione, sugli edifici caduti, quelli rimasti in piedi, altri eretti nel luogo sbagliato… Ed entrano in campo i mali radicati: corruzione, abusivismo, sanatorie. C’era, però, un breve periodo di attesa, di sospensione nelle polemiche e nella battaglia politica e durava fino al recupero dei morti e dei feriti, alla prima fase di aiuti. Questa volta la corsa alle accuse, alle connivenze, alle responsabilità si è avuta appena dopo il crollo, con i morti ancora quasi tutti sotto la macerie. Addirittura anticipazione di giudizi, predisposizioni di atti senza attendere nemmeno la comunicazione in Parlamento. Una furia ad arrivare primi, una corsa ad essere presenti, e veniva spontaneo chiedere: “Abbassate i toni, per favore. Un po’ di compassione. Solo qualche giorno e poi parlerete di revoche, risarcimenti, soldi…”. Questa fretta e reattività contagiava tutti, anche esperti appena nominati, che, mentre sotto si scavava, intervistati, indicavano la causa del crollo.

Errore umano? Certo. C’è sempre un errore umano. E’ sempre l’uomo a decidere che cosa va fatto e quando va fatto. “C’è rabbia perché tutti sembrano aver perso la memoria e noi abbiamo sciupato dieci anni… Che ponte Morandi fosse a rischio di usura lo sappiamo da almeno vent’anni… I ritardi arrivano dalla scelta politica di non aver voluto scontrarsi con una parte della città contraria alle soluzioni indicate, e il tavolo di coordinamento è stato fermo per cinque anni… Per questo stop così lungo nessuno può dirsi innocente” (Marta Vincenzi, presidente della Provincia per 10 anni e poi sindaco della città).

Bisognava sospendere il traffico? Dovevano iniziare i lavori prima dell’estate? A Manfredonia 11 anni fa ci fu lo sgombero di uno stabile in via don Minzoni. In 2 ore (dalle 21 alle 23) nel maggio 2007 trenta famiglie furono trasferite. La segnalazione in seguito a lavori di ristrutturazione in un appartamento, poi il giudizio dei Vigili del Fuoco e del Genio civile… Il giorno dopo, chiamato dal Comune, venne un noto esperto, docente universitario. Vide l’edificio, lo trovò all’apparenza curato, ma i pilastri erano fragili, il ferro dentro consumato. Poteva cadere in poche ore o tenersi in piedi per qualche tempo. L’edificio ancora oggi è in piedi e gli sfollati da allora rimproverano quell’intervento giudicato frettoloso. Si ebbe paura e si sgomberò. L’immaginazione e la paura aiutano a scongiurare le tragedie. Se ne avessero avuto anche i tecnici della società Autostrade, il ponte sarebbe stato chiuso. La tragedia ora si è consumata e Di Maio, Salvini, Toninelli  sfilano insieme il giorno dei funerali, salutano, parlano, dichiarano, e viene ancora da dire: “Scostatevi, per favore. Lasciate un po’ di spazio alla pietà e alla compassione

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