7 maggio: il piacere della lentezza. “Ma perché non le parla, non le mette una mano sulle gambe…”
“Dove sono quegli eroi sfaccendati delle canzoni popolari, quei vagabondi che vanno a zonzo…?”. In tutti i paesi vi erano queste figure, si incontravano nelle piazze, erano conosciuti, facevano parte della comunità. Spesso davano allegria.
La lentezza è un disvalore? Nel nostro mondo l’ozio è diventato inattività, che è tutt’altra cosa. Ero in auto lungo il viale di Siponto: intenso era il traffico, e dietro di me una macchina non riusciva a superarmi. Accanto al guidatore era seduta una donna. Una situazione che mi metteva in ansia e pensavo a quello che scrive Kundera: “perché l’uomo non le racconta qualcosa di divertente? Perché non le appoggia la mano sul ginocchio? Macché; l’uomo maledice l’automobilista davanti a lui perché va troppo piano, e neppure la donna pensa di toccarlo con la mano, mentalmente sta guidando anche lei e anche lei mi maledice”.
A 10 anni non riusciva ad afferrare la palla, né sapeva saltare con la corda. Parlava con fatica, rispondeva dopo lunghi momenti di pausa. Era lento, ma della lentezza fece una forza per comprendere la realtà. John Franklin (1786 – 1847) rifletteva, accumulava immagini nella memoria. Non si scoraggiò mai, quando non capiva chiedeva. Piano piano acquisisce con il suo ritmo e a modo suo la capacità di fare scelte ponderate, una sicurezza incrollabile. Fu uno dei grandi ammiragli ed esploratori britannici. Per sei anni intelligente governatore della colonia penale in Tasmania, dove fondò una scuola. “Gli scolari devono imparare a scoprire le cose con il loro ritmo, e gli insegnanti devono avere rispetto, non spingere nessuno ad avere fretta. E devono sapere osservare”.
Fino a qualche anno fa in agosto il gruppo “Bel Bell” (Manfredonia), in bicicletta, occupava la sede stradale e procedeva con un ritmo lento, costringendo così le auto alla lentezza. E ci si accorgeva (anche gli automobilisti) che non si perdeva tanto tempo. Bell Bell inventò un progetto per passeggiare per la città e contemporaneamente ascoltare le storie dei luoghi, le voci degli abitanti.
Si può passeggiare in carrozzella? Un’anziana dell’Anna Rizzi (Manfredonia) doveva recarsi in ospedale, che dista meno di duecento metri, per una visita radiologica; i parenti (numerosi) chiedevano il trasporto con il pulmino dei disabili, che a quell’ora era impegnato. Tutti, invitati a provvedere autonomamente, erano indisponibili: proteste, minacce di denunce, di rivolgersi alla stampa… L’anziana signora si presentò, comunque, alla visita medica: una nipote molto giovane con un’amica autonomamente l’aveva portata in ospedale in carrozzella. Forse non era andata a scuola quel giorno. Un “salasso” giustificato, e l’anziana ripeteva a tutti: “E’ stato bello assai, ‘nepoteme” m’ha accompagnato. E’ stato bello assai”. Diverso il caso di una ragazza disabile che aspettava con ansia la ragazza del servizio civile a lei assegnata che l’avrebbe portata a passeggio. La testimonianza tra le lacrime della madre. “Non la porta per il corso, si vergogna, e poi passa molto tempo al cellulare, si fa raggiungere dal fidanzato… Ho fatto tanto per far sentire mia figlia come gli altri!”.
La lentezza non si deve confondere con la pigrizia o l’infingardaggine e magari attribuirla stupidamente ai meridionali… la lentezza è andare a piedi al lavoro, curare i fiori sul balcone, fare la raccolta differenziata (divertendosi), conoscere la propria strada, il proprio quartiere, la propria città, camminando… Un ritmo lento fa nascere idee, molte idee, veloci, pronte. E non è questa la cosa più importante?