Rifondazione PD. I clienti, il “voto liberatorio” e gli altri (sofferenti, insofferenti, indisponibili).

POLITICA LOCALE

“Ho visto il manifesto con gli eletti in Puglia. Una bomba atomica. Il PD scompare”- Così un elettore del PD. Intanto il segretario Martina dà la sua linea: capire, studiare, ascoltare e ricostruire, riformare, ripensare. Parla di cesura storica e radicale e di un lungo percorso di rinnovamento del partito, cominciando dal Sud. Parla di circoli che discutono, propongono e di altri che dovrebbero essere svuotati e ripuliti. Ma come si fa? Da dove partire? Le responsabilità non sono dirette e immediate, ma vengono da lontano, da un metodo di lavoro e soprattutto da un pensiero, che ha prodotto incrostazioni pesanti, e che si è spesso rifugiato nella formula “non ci sono alternative“. Mentre per governare bene si deve sempre credere che in una città, in un territorio ci sono altri che sono in grado di amministrare altrettanto bene o anche meglio.

Noi ci troviamo in una provincia che ha perso, in pochi anni, il 4% dei residenti (soprattutto giovani e laureati), senza strategie di sviluppo, priva di dibattito politico, senza organi di informazione, senza borghesia civile. Manfredonia  era una roccaforte, dove la sinistra continuava a resistere. Ora, nelle elezioni del 4 marzo, è franata rovinosamente. Tutto dovuto allo tsunami 5 stelle?

Forse per capire qualcosa in più bisogna ripartire dalle primarie di oltre 3 anni fa. Primarie improprie, dissensi non componibili, mediazioni inutili. Il direttivo del PD inesistente. Lo spoglio presentò lo spettacolo misero di controllo dei voti, di promesse… A quelle primarie del PD votarono 12.387 persone, su una media (quale risulta dalle elezioni del 2013 e del 2018) di circa 30.000 votanti. Un caso unico in Italia. Un’abbuffata indigesta. Il giorno dopo come se nulla fosse accaduto, ci si mette d’accordo, ci si distribuisce le cariche (anche future). Alle ultime elezioni il candidato del PD raccoglie 4.700 voti, poco più di un terzo dei voti delle primarie!

Le elezioni del 4 marzo hanno umiliato in tutto il Sud un’intera classe politica. Il voto a Manfredonia subisce l’onda generale, ma credo che qui sia accaduto qualcosa di più profondo e dirompente. Purtroppo i dati elettorali sembrano non servire, e certe discussioni ricordano una storiella: un ubriaco di notte cercava i soldi che aveva perso sotto un lampione, il viale era lungo e buio, ma lui cercava solo sotto il lampione, perché lì c’era la luce. Ognuno può accendere il lampione che vuole e darsi tutte le giustificazioni che crede… ma il viale è lungo e buio, ed è lì che bisogna cercare.

Provate a scendere tra la gente (corso Manfredi, mercati, code agli uffici… nei luoghi informali), avvertirete a distanza di oltre un mese ancora la sensazione di un “voto liberatorio”.

Tra gli elettori tradizionali del Centro sinistra vi è chi non è andato a votare, chi si è orientato verso 5 stelle, e coloro che hanno votato PD. Persone “sofferenti” per il futuro e per i figli… “insofferenti” per la supponenza, l’arroganza, le clientele… “indisponibili” a votare sempre il meno peggio. Il PD di Manfredonia ha subito più che altrove l’influenza del vecchio PCI, dal quale sono stati presi solo i difetti e nessun pregio. Nel vecchio PCI c’erano iscritti – attivisti e simpatizzanti – elettori. E venivano tutti rispettati. Ora nel PD di Manfredonia ci sono quelli che ci “mettono la faccia” e i padroni di tessere e voti. Hanno perso ora, ma essi sono convinti di recuperare alle amministrative, le elezioni che veramente contano per loro. Queste in fondo le ha perse Renzi! A distanza, poi, gli altri, tutti gli altri, le persone normali e invisibili, quelle che nella vita quotidiana e nel lavoro ci mettono il cuore, la mente, e chiedono rispetto e vogliono discutere…

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