Adolescenti e violenza. E’ una vera e grande emergenza educativa e sociale.
Nel gruppo dei coetanei, in famiglia, a scuola gli adolescenti imparano le cose che sanno e a essere come sono. Tre mondi che non comunicano tra loro. I fatti di cronaca criminale accadono ovunque in Occidente (vedi la vicenda della ragazza romana a Londra) e sono l’estrema punta di un iceberg. Sotto vi è un “magma esplosivo” presente nelle aree metropolitane e nelle periferie delle nostre città. Più vicino a noi di quanto possiamo credere.
Incensurati sono i ragazzi che praticano violenza gratuita di gruppo: togliere il bastone a un anziano e divertirsi a vederlo barcollare, colpire un disabile, sfogarsi contro una persona sola e indifesa… E’ l’invenzione della violenza “senza alcun fine predatorio”. Per questi ragazzi c’è un po’ di scuola e poi la strada, la prima la si sente lontana e nella seconda si è soli. E a Napoli, Lucca, Monopoli… non c’è differenza tra famiglie “buone” e famiglie “non buone”.
Gruppo dei pari. Gli adolescenti si incontrano fuori della scuola, in gruppo, sono visibili in ogni città, davanti a un muretto, un pezzo di villa, in un garage, per strada, in un disordine di parole, gesti, voci. Sono connessi sempre e sono connessi in gruppo. Gli amici sono fonte di informazione e di scambio, l’ambiente emotivo su cui scaricare ansie e paure.
Scuola e abbandono. Quanto costa e costerà la dispersione scolastica? Dietro di essa vi è una realtà complessa, un ragazzo, una storia. Vi sono anche coloro che non si allontanano, ma apprendono poco e male. L’esperienza scolastica per molti alunni è un calvario, di cui non hanno un ricordo positivo. La dispersione, gli alunni che si fermano dopo la scuola media, le carenze di competenze costituiscono un grave fattore di rischio di emarginazione e povertà per le generazioni future.
Neet. Né studio e né lavoro, come i ragazzi di Napoli: non vanno a scuola e né seguono percorsi formativi o lavorano; trascorrono il loro tempo, giorno e notte, senza fare niente. I ragazzi neet fanno esperienze di lavoro precario, a volte si formano disordinatamente e precocemente una famiglia, sono a rischio di coinvolgimento in circuiti criminali. Si trovano prevalentemente nel Sud. In ogni città sono centinaia e migliaia.
Che fare? “Non si tratta di rimettere in campo generiche conoscenze psicologiche e sociologiche, ma di ascoltare e cercare di capire questi adolescenti che oggi qui a Napoli fanno quello che fanno. Ripartire dalla cura della persona. Stare assieme, a fianco, interrogare i bisogni muti, profondi” (A. Masullo). Tra gli anni Sessanta e Settanta, di fronte ai mutamenti sociali e familiari nacquero i Consultori, i Centri servizi culturali, i Centri famiglia… le Province e i Comuni si dotarono di assistenti sociali, educatori, si pose al centro la cura dell’infanzia, gli asili nido, la maternità e la procreazione responsabile.
Ora qualcosa bisogna mettere in campo. Per gli adolescenti che hanno abbandonato è necessaria un’offerta educativa, che comprenda istruzione, percorsi di scuola-lavoro, apprendistato, partecipazione alla vita della comunità, integrazione degli stranieri. Ci si deve inventare nuovi percorsi di socializzazione, integrazione e recupero scolastico, e costruire forme di collaborazione tra le esperienze esistenti e progettate in questo territorio. Intanto una buona notizia. Circa 3.000 scuole in Italia potranno restare aperte nella prossima estate.