Tempi di stupidità sociale: l’osso in bocca e il baccalà.

CULTURA

Beni comuni sono i musei, i parchi archeologici, le piazze… il teatro, i libri, la musica. Ed anche la parola, la critica, la satira… da esse nascono nuovi modi di vedere e di pensare e nuove idee. “Una vita senza idee e una società che non sprigiona idee sono letteralmente infelici, cioè infeconde, non creative, destinate a non vivere, ma nella migliore delle ipotesi a sopravvivere” (Zagrebelsky).

Le idee ci liberano dal senso comune e dal conformismo, ci rendono capaci di progettare, sognare, ridere… ma ci vuole un contesto intorno per farle crescere, una comunità che ne raccolga gli stimoli e le provocazioni.

La generosità e la creatività sono cose importanti e sono collegate tra loro. Mente generosa e mente creativa hanno caratteristiche simili: operano per integrare e includere; sono prive di calcolo e hanno una dimensione gioiosa e giocosa. La generosità non è un fatto privato, è uno degli elementi basilari della società, può riaccendere la fiducia, e pertanto va diffusa e praticata, soprattutto a scuola.“Sistemi educativi che non incentivino la generosità possono essere alla lunga molto pericolosi per la salute del tessuto sociale… reticoli sociali connotati da comportamenti poco generosi o invidiosi sono in grado di creare forme di stupidità sociale” (Vello – Reolon).

Stupidità sociale! Siamo immersi tutti in un brodo sociale ed è impossibile evitare il contagio e ci si adegua alle regole, ai paradigmi, ai giudizi di una società segnata dall’invidia e dalla mancanza di generosità. Le conseguenze? Un restringimento delle potenzialità creative, un impoverimento cognitivo ed emotivo, che assume le forme del tornaconto personale (fino a compromettere il benessere generale), amicizie e affetti visti in un’ottica utilitaristica, insofferenza alla critica, fastidio per la diversità…

Diversi anni fa preparando a Monte S. Angelo lo spettacolo “Mistero Buffo” di Dario Fo, alcuni studenti raccolsero aneddoti di persone, che, come i giullari del Medio Evo, durante il Carnevale irridevano e deridevano il potere. Ricordo due piccole storie. C’era un sindaco (o podestà), di bella presenza, pomposo e pieno di sé, ma… insignificante. Uno di questi buontemponi di paese comprò un baccalà grande, bello, “un gran pezzo di baccalà”. E andò in giro per la città. Tutti si fermavano e dicevano: “Oh, che bel baccalà”. “Eh sì! Ma sempre baccalà è”- rispondeva. A un altro mattacchione, disoccupato, per allontanarlo da Monte S. Angelo, durante il Carnevale, gli procurarono qualche giornata di lavoro in campagna. Non poteva non accettare. L’ultima sera di Carnevale, non ce la fece più… tornò in paese, si mise un osso in bocca e girò per le vie cittadine. Come a dire: mi hanno dato l’osso per farmi stare zitto.

Due storie vere che ci dicono come con un soffio di genialità e “senza parole” i due “giullari” siano riusciti a manifestare una idea e a divertire una comunità.

 

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