Adolescenti. Niente paura. Sono i pionieri di una nuova frontiera.

CULTURA

I fatti che accadono a Napoli, non accadono solo a Napoli. L’informazione di questi giorni mostra crepe e incertezze: amplifica e sottovaluta, mostra i volti e li nasconde. Soprattutto emerge un racconto tutto “da ordine pubblico“. Può esserlo in parte, ma l’adolescenza è disagio, mancanza, ricerca di libertà, di identità, di un modo nuovo di stare nel mondo. Una fase della vita dai confini temporali incerti: più lunga rispetto al passato per il prolungamento dell’istruzione e per l’anticipazione della pubertà (che ha ridotto i tempi dell’infanzia).

A scuola gli adolescenti vivono una parte importante della loro vita e con essa hanno un rapporto “sospeso”. Ai ragazzi sono offerti contenuti che non sono da essi richiesti, né sono trasmessi nel modo giusto. Un tempo stavano zitti, oggi invece gli alunni parlano. O meglio mormorano. Un disordine, una turbolenza, che gli insegnanti non riescono a governare e che li disorienta.

E’ un mondo nuovo che bisogna guardare con rispetto: gli adolescenti sono i nuovi pionieri e possono farci capire molte cose. Sono loro che dovranno scoprire i mestieri di domani, nuovi tipi di amicizia, di amore, di famiglie. Un tempo gli adolescenti cambiavano e il mondo rimaneva fermo. Ora essi mutano e il mondo muta. Tutto si rompe, si scompone, si modifica. I ragazzi inventano nuove forme di aggregazione, comunicazione, studio, lavoro. Per tentativi. C’è il valore dell’errore, che diviene esperienza. Sono connessi in gruppo. I genitori temono il gruppo dei pari, ritengono che il tempo passato insieme è dispersione di energie. Per i ragazzi non è così. Gli amici sono fonte di informazione, terreno di scambio, ambiente emotivo dove diluire l’ansia.

Apparentemente un tema vecchio: tante le inchieste, i film, i romanzi sulla condizione adolescenziale e giovanile nel corso del Novecento. Ma con il nuovo millennio è tutt’altra cosa. Nel piano sociale di zona del 2005 vi è un paragrafo sulle problematiche adolescenziali nei comuni dell’ambito di Manfredonia: “gli adolescenti vivono in una realtà separata, in luoghi appartati, lontani dagli adulti… Cresce il consumo di alcool e droghe leggere, hanno bisogni, spesso inespressi, emerge la necessità di luoghi di aggregazione giovanile e di servizi innovativi che incontrino i ragazzi sul loro terreno: la strada. Oggi i luoghi di incontro sono i portoni, le piazzette, i garage e spesso nel gruppo dei pari si manifestano forme distorte di socializzazione”.

E’ un periodo che appare, se guardato dall’esterno, solo sotto il segno della confusione e della turbolenza. Invece è un crogiolo, una fusione calda di elementi diversi, un momento in cui i ragazzi devono inventare se stessi. La scuola può e deve fare in modo che tutti possano inventarselo.

Che fare? La polizia serve per quello che serve. E la scuola? Gli educatori sono ex adolescenti, ma la loro esperienza è distante anni luce. Bisogna guardare gli adolescenti, senza la mania della definizione e classificazione, senza l’allerta del pericolo. Provare a starci insieme. Fare insieme delle cose. Vivere l’avventura della scoperta. Stabilire un’alleanza.

Ma c’è altro. Si pensava che nel periodo 0-3 anni il cervello fosse già tutto formato e avesse più o meno completato il suo sviluppo, ricerche recenti hanno dimostrato che la sua maturazione continua. La fase adolescenziale è caratterizzato da una grande plasticità, “termine con il quale gli scienziati descrivono la capacità del cervello di cambiare in base all’esperienza”. Se questo è vero, e non c’è motivo per dubitarne, aumenta enormemente la responsabilità degli adulti. L’adolescenza  è l’età del rischio, ma anche delle opportunità e l’approccio non può essere quello della paura.

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