I bambini nel limbo e l’adozione mite. 15 Dicembre 2008, una giornata particolare.
Una bambina sottratta pochi giorni dopo la nascita alla famiglia biologica, che ora, assolta pienamente dall’accusa di abbandono, cerca di riaverla. La bambina ha avuto un percorso travagliato: prima in una comunità per tre mesi, poi per un anno affidata a una famiglia rivelatasi inadeguata e infine adottata; la Cassazione si pronuncia a favore del ritorno nella famiglia di origine. Ci sono altri aspetti: i genitori biologici sono anziani, 69 anni lui e 57 lei, che è definita “poco accudente” da una perizia del tribunale minorile. Ma “è difficile stabilire quale sia il giusto equilibrio tra cura e affetto, e se sia meglio una mamma accudente e poco affettuosa, oppure una mamma affettuosa e poco accudente”, dice il procuratore generale di Cassazione Francesca Ceriani. La bambina ha ora sei anni. Non conosce affatto i genitori biologici. Di fronte alla tentazione di lasciare le cose come stanno il P. G. della Cassazione aggiunge: “Per anni sono stata giudice minorile, posso confermare che da me sono venuti tanti uomini e donne, anche di 70 anni, adottati da piccoli, che volevano sapere chi erano i genitori biologici e recuperare un rapporto con loro”.
Che fare? Una bambina di sei anni deve misurarsi con uno sconvolgimento completo degli affetti, dei punti di riferimento, della sua vita. Al di là delle decisioni che verranno prese, si deve puntare su una collaborazione tra le due famiglie, in un percorso lungo e molto difficile, che dovrà essere sostenuto da atti giuridici che aiutino la bambina ad attraversare questa fase della sua esistenza. Un diritto che sorregga una situazione complessa, un diritto mite e inclusivo, “che non esclude, ma riconosce le identità di tutti, il diritto di una cittadinanza plurale fatto di incontri, mediazioni, compromessi; un diritto difficile, che richiede molto senso di responsabilità, prudenza, saggezza” (Zagrebelsky).
Il 15 dicembre del 2008 a Manfredonia fu firmato un documento importante: un protocollo di intesa per un percorso di adozione mite tra il Tribunale per i minorenni di Bari, la Procura della Repubblica per i minorenni e il comune di Manfredonia. Il protocollo conclude una sperimentazione durata 5 anni presso il Tribunale per i minorenni di Bari.
Nel documento si parla di “bambini nel limbo”. Si tratta di minori con prospettive incerte sul loro futuro: provengono da famiglie che non riescono a rispondere ai bisogni educativi dei figli, ma non li abbandonano, ed anzi hanno con loro un rapporto affettivo significativo. Si afferma la necessità di superare la rigidità dell’affidamento e dell’adozione e di prendere in esame nuove forme di accoglienza, che non interrompano il rapporto giuridico e umano con la famiglia di origine. Il protocollo d’intesa esprime la necessità di un coordinamento degli interventi sociali e giudiziari, che faccia uscire molte situazioni dal limbo, da una “sospensione” che talvolta dura anni. “L’adozione mite – disse nel dibattito che seguì quella firma il presidente del Tribunale per i minorenni Francesco Paolo Occhiogrosso – è un percorso complesso, un cammino di tutela del minore che offre più sbocchi, più soluzioni possibili… un cammino in salita, quindi, con più gradini, che è necessario salire uno alla volta”.
Sono decine di migliaia i minori stranieri giunti in Italia non accompagnati, sono decine i minori che vivono in condizioni di semi abbandono in questo territorio; fenomeni che sono destinati ad aumentare. L’affidamento, l’adozione mite, la ricerca di nuove forme di accoglienza, quel protocollo di intesa costituiscono un punto di riferimento ineludibile. Ma insieme ci vuole una nuova cultura dell’infanzia: i bambini devono essere ascoltati. Occorre una sensibilità e un’empatia particolare per scoprire che possiedono energie e risorse interiori insospettabili e straordinarie.