Monte S. Angelo e la mafia. “Sì! Io concedo anche al demonio la protezione della legge”.
Gli ex amministratori ricorrenti al Consiglio di Stato hanno posto vari quesiti su un’istruttoria che, dicono, non mostra segni di collegamento – condizionamento mafioso e che esprime valutazioni generiche e apodittiche, anche alla luce del fatto che nessuno di essi è indagato, e che i commissari hanno governato (dopo un inizio in cui promettevano molte novità) in continuità con l’Amministrazione precedente, confermando tutto ciò che avevano trovato (appalti, imprese, funzionari…).
Adesso vi è la risposta. Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento sanzionatorio ma preventivo. Le situazioni non sono traducibili in addebiti personali, ma rendono, “nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli parentali, amicizie e affari, frequentazioni…) e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l’avvio dell’azione penale e per l’adozione di misure individuali di prevenzione”. Una lunga citazione, ma si comprende bene che parla di ipotesi, sospetti… C’è un proverbio inglese (citato da Gramsci): “con cento lepri non si fa un cavallo, con cento sospetti non si fa una prova”. In un procedimento giudiziario lo sforzo per distinguere e analizzare non pare più la caratteristica dominante. Il Tar e il Consiglio di Stato (al contrario del Tribunale di Foggia) dicono che si deve giudicare il contesto e le azioni vanno riferite a quel contesto. Ammette che la collocazione di un comune in un territorio infestato dalla criminalità non è di per sé prova di collusione, “però può assumere rilievo ove sia accompagnato da una serie di circostanze indicative di permeabilità degli amministratori”.
Il collegio giudicante ritiene le attività svolte dalla Pubblica Amministrazione, per affermare il valore della legalità, “operazioni di facciata”, e considera fuori luogo la considerazione che gli interessi criminali si siano spostati in altre città vicine. Vi è poi un rimprovero specifico: non aver aderito alla SUA – Stazione Unica Appaltante (concentrare a Foggia tutti gli appalti), alla quale avevano aderito 11 comuni. Ma i comuni nella provincia sono 64! L’adesione era facoltativa e ben 53 (come Manfredonia) sono rimasti fuori, perché la SUA impiegò tempo a strutturarsi e aveva tempi lunghi.
Ogni azione, pur potendo avere una doppia lettura, è sempre considerata nella “regola” del contesto mafioso. Appalto al cimitero. Il presidente si dimette per pressioni esterne. Poi la gara procede con regolarità. Può essere il segno di impermeabilità e resistenza a condizionamenti esterni, e invece si pone l’accento solo sulle dimissioni del presidente della commissione di gara, segno inequivocabile di presenza criminale.
“Un padrone e un servo nel deserto restano senza acqua; il servo si avvicina al padrone per dargli un po’ della sua, ma viene ucciso. Il padrone è assolto nel processo. Assolto perché in quella situazione era la regola che il servo ammazzasse il padrone. Eccezione se avesse compiuto un atto d’amore“. (Brecht, L’eccezione e la regola).
La relazione della Prefettura è frutto di un lavoro durato 6 mesi. Il Sindaco Di Iasio riceve la comunicazione di scioglimento, senza nessun avviso o possibilità di esprimersi! Mentre altrove altri sindaci sono giustamente invitati a fornire chiarimenti per situazioni “imbarazzanti”. Provvedimento sanzionatorio o preventivo, non cambia nulla. Anche la Corte di Cassazione ha manifestato il rischio che talvolta le misure preventive possano assumere una preoccupante natura “oggettivamente sanzionatoria”.
Lo scioglimento di un Comune per mafia è un fatto grave, che pesa e peserà. Sulla città e sulle persone. Se fosse accaduto prima del pronunciamento Unesco, avrebbe potuto bloccare l’importante riconoscimento.
“Cento sospetti non fanno una prova”, possono però, se amplificati e non circoscritti, avvelenare rapporti e relazioni in una piccola comunità; e la Legge ha il compito di chiarire e distinguere e porre tutti (l’intera città) sotto la sua protezione. “Sì! Io concedo anche al demonio la protezione della legge” (Tommaso Moro).