Quello che non ha fatto la mafia, lo ha compiuto l’incuria (e non solo).
Dopo la confisca della villa Rossana a Siponto ci fu una grande attenzione e varie proposte per l’uso di quel bene, che “ha un alto valore simbolico perché appartenente a un clan potente come i Trisciuoglio” (Grasso). Si manifestò l’intenzione di utilizzare la villa per farne una sezione dell’Antimafia. Seguì la richiesta da Bari per la concessione in uso; poi le forze dell’ordine comunicarono che non vi erano le condizioni di sicurezza per una sede della direzione distrettuale antimafia. Il bene tornava al Comune che poteva utilizzarlo per finalità sociali. Se ne parlò pubblicamente in varie occasioni, ci furono diversi incontri informativi e formativi (anche in collaborazione con l’associazione Libera). All’autunno del 2014 risale la proposta di una manifestazione di interesse rivolta al terzo settore, conservata in qualche ufficio o computer comunali. Poi il silenzio. Un paio di interventi su questo blog, qualcosa sulla stampa… e ancora silenzio. E ora? Dopo i fatti di agosto arriva il CSM a Bari e Foggia, i comuni approvano ordini del giorno, a Foggia sarà celebrata la giornata della memoria delle vittime della mafia, Il procuratore antimafia è in giro, cambiano i prefetti… e nessuno si ricorda più.
Eppure villa Rossana meritava una visita. Vedere come è finita. Quello che la criminalità organizzata fa e cioè danneggiare i beni socialmente utilizzati (quanti alberi di ulivo tagliati!), qui è stato compiuto dall’incuria e dal tempo. Tutto è in totale sfacelo. Inservibile ormai. Perché è accaduto?
Ho visitato nei giorni scorsi alcuni centri del barese, ho notato varie iniziative culturali e sociali. Ho assistito a dibattiti su cooperazione e sviluppo, scambi culturali, le frontiere, anche quelle del cibo (Conversano)… Non voglio esaltare altri territori, ma sottolineare una vivacità interessante. E mi sono ricordato di quello che aveva cominciato a fare La Casa dei Diritti: sportello e informazione, corsi di lingua italiana e araba, feste interetniche, la musica, corsi di formazione, assemblee di immigrati con la Questura e altri Enti… Giocò un ruolo anche a difesa dello Sprar. Una visita ispettiva (chiesta dagli ospiti stranieri) riscontrò alcune anomalie. Rifugiati che stavamo da 6-8 mesi e non conoscevano una parola di italiano! Si elaborò, nella Casa dei Diritti, un itinerario formativo per gli operatori: una proposta accettata da Roma. E lo Sprar proseguì.
La Casa dei Diritti e il Camper sono fermi da oltre due anni. Il camper è parte integrante del progetto “Casa dei Diritti”, la cui finalità è l’accessibilità e la partecipazione del migrante al sistema dei servizi e a un percorso di cittadinanza. Un’accessibilità difficile: gli stranieri non vengono spontaneamente ed ecco l’esigenza di “postazioni mobili come prolungamento degli sportelli per raggiungere luoghi di aggregazione dove è possibile incontrare persone”. Un’esigenza che si può soddisfare “tramite il camper per i migranti che è già in dotazione all’amministrazione comunale”. Questo è scritto nel progetto, approvato e finanziato. Con l’impegno a perseguire gli obiettivi fissati per almeno 5 anni.
Sia per la villa confiscata e sia per la Casa dei Diritti, un silenzio verticale e orizzontale. Eppure non sono mancate le sollecitazioni. Dopo aver visto quello che fanno altrove… perché non invitare associazioni o altri a fare qualcosa, a tirare fuori qualche idea? Non vi era un problema di risorse.
Quante storie si potevano costruire, quanti incontri… Ci sarebbero stati degli errori, ma anche sorprese, e come poteva essere più ricco questo territorio!