Facciamo che io sono il bandito e voi siete i carabinieri…. Ta-ta-ta-ta

CULTURA

Facciamo che… un inizio tipico di un gioco di immaginazione, un invito a entrare nei panni di…  Un momento ludico che può dare agli educatori elementi importanti per scoprire sentieri inesplorati sulle fantasie e i timori dei bambini. Una frase pronunciata da un ragazzo del doposcuola e rivolta ai suoi compagni. Lui voleva per sé la parte del bandito e per gli altri quella dei carabinieri, che lui avrebbe sparato e ucciso. Il ragazzo aveva il padre in carcere, pare avesse assistito all’arresto in casa la mattina presto. Non ne parlava, ma, dicevano gli educatori in un incontro di verifica, era frequente che manifestasse sentimenti di risentimento o di rabbia in queste forme.

Non era il solo a vivere quella situazione, in genere i ragazzi del doposcuola comunale e parrocchiali provenivano da contesti familiari difficili. Gli educatori si confrontavano autonomamente con queste problematiche e verificavano come, attraverso i giochi (tipo quello citato nel titolo), ma anche attraverso altre forme espressive (disegni, costruzione di una storia…), i ragazzi si raccontavano. Perché non raccoglierle e offrire elementi di riflessione anche ad altri?

Gli educatori sono partiti da giochi sulle parole, racconti di sogni e storie, disegni… Ne è nato un libro, “Un arcobaleno di storie”, che permette di entrare in un arcipelago di emozioni, aspettative, attese, sofferenze che solo in questa forma sono uscite fuori. Il libro fu presentato nell’Auditorium a Manfredonia, e se qualcuno si aspettava che i genitori, gli educatori potessero dare soluzioni o indicare percorsi educativi è rimasto deluso. Nessuno ha la bacchetta magica. L’incontro fu interlocutorio, problematico, ma proprio per questo utile.

Quest’anno è il cinquantesimo della morte di don Milani. Se ne è discusso in televisione, radio e giornali. Ma poco nelle scuole. Del priore di Barbiana non è facile parlare, nel senso che non dà risposte. Il suo doposcuola non è imitabile o esportabile. Lo dice lui stesso in una bella lettera a Elena Pirelli Brambilla, sua amica e benefattrice milanese. Racconta che tre famiglie cittadine gli avevano “appioppato” tre ragazzi “difficili” per l’intera estate, i quali in tutto il periodo si comportarono come “ragazzi facili“. Furono cioè “obbedienti, studiosi, sereni”. Però ritornati a casa sono tornati quelli di prima. E allora? Don Milani scrive che invece del “Riformatorio minorile” stava pensando di istituire il “Riformatorio maggiorile” (per genitori). Il “successo” di quella scuola di montagna non gli apparteneva. Io “non ho merito alcuno, scrive nella lettera, è che il segreto di Barbiana non è esportabile né a Milano e né a Firenze. Non vi resta dunque che spararvi”. Chiaro? Mica tanto.

Il segreto di Barbiana era forse la vita (dura) e la forza del gruppo, il lavoro insieme, la fatica, l’orgoglio di riuscire… Don Milani non amava la parola ricreazione, non parliamo poi di ludoteca. Il doposcuola “comunitario”, fatto bene è utile. E’ sufficiente leggere il libro pubblicato a Manfredonia per rendersi conto della bontà di quella iniziativa. Se poi si affiancano altri interventi, come i laboratori teatrali! Furono finanziati dai ragazzi della Curva Sud del Manfredonia. Volevano fare qualcosa per i bambini delle famiglie povere, quelle del doposcuola. Pensarono prima ai computer, e poi si orientarono verso i laboratori teatrali e successivamente musicali. Un intervento nuovo e intelligente, immateriale ed efficace, come ricordava giorni fa in un articolo on line Stefania Marrone della Bottega degli apocrifi.

 

 

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