Stregati dalla “Montagna del Sole”. Herbert Voss, che a Berlino sognava il paradiso garganico
Arrivò a Bari nel 1960, tramite l’associazione culturale “Italia-Germania”. Poi gli parlarono di Monte S. Angelo, vide delle foto e fu amore a prima vista. Abitò in una piccola casa, messa a disposizione da un amico, sulla via di Pulsano, incontrò amici sinceri, conducendo una vita povera, a volte ai limiti della sopravvivenza. Non accettava alcun aiuto, desiderava vivere con i suoi quadri. Discreto e appartato, gli piaceva contemplare dall’alto il golfo, percorrere antichi sentieri e scoprire, con qualche giovane amico, resti di storia passata di una terra sempre sorprendente. A Monte tenne la prima mostra nel 1962. A Manfredonia nell’anno successivo in occasione del VII centenario della fondazione della città. “Forse il fascino del biondo re Manfredi, e l’armonia di linee e di colori, offerti dal nostro paesaggio, l’hanno portato quasi istintivamente a un incontro con questa città” (Serricchio).
Sappiamo poco di Voss (1913 – 1971), molto è affidato alle testimonianze dei suoi amici. Partecipò alla seconda guerra mondiale, comandante di un reparto, e ne fu profondamente segnato. Come pure da vicende familiari dolorose. Gli anni di Monte furono straordinari. Una rigenerazione profonda. Dipinse con passione ogni angolo del Gargano, con tecniche diverse, esploratore del mondo reale e di quello intimo, dei sogni, della fantasia, dell’anima ferita. Rappresentava i luoghi e le persone, ma si rivelava “interamente nella pittura astratta e informale”, con i colori in un continuo gioco e movimento. Molte opere sono senza titolo, con forti contrasti cromatici, segnate da un senso del mistero, da un bisogno di indagare il microcosmo (insetti) e l’infinito.
I dipinti su Manfredonia sono lontani da ogni forma pittoresca o celebrativa. Quanti hanno dipinto l’arco Boccolicchio? O il Campanile visto da piazza Duomo? Questi di Voss sono pieni di umanità ed anche di aria e di luce. Il campanile è su uno sfondo nuvoloso, ma dove svetta è un intenso azzurro, e sotto bambini che giocano, adulti che discutono, chi spinge una carrettella, una carrozza con cavalli, una bambina che strattona la madre perché qualcosa l’attrae altrove… “Amava i bambini, gli umili, i diseredati, le bestie, per il comune carattere di innocenza. Aveva viaggiato abbastanza… sempre alla ricerca di quello che c’è dietro la collina”(Ciuffreda).
Non abbandona l’idea di ristabilire un rapporto con la realtà, consapevole, però, che la razionalità del mondo è stata messa in crisi dai regimi totalitari e dalla guerra… E coltiva idee di fraternità universale.
In Germania aveva due affetti, la madre e la figlia; la vita difficile, il mercato ristretto dei suoi quadri… e concepì l’idea di tornare in patria, completare gli studi e poi ritornare a Monte S. Angelo per insegnare e dipingere.
A Berlino lo consola il ricordo di Monte S. Angelo e la speranza di “entrare un’altra volta in questo paradiso garganico”. Dall’aprile del 1966 solo una fugace apparizione nel 1969, quasi a sincerarsi che qui gli volevano ancora bene e per ribadire ai suoi amici che sarebbe tornato con molte nuove opere. Morì nel 1971 a Berlino, dove si sentiva straniero: “La solitudine della quale io ti scrissi è una solitudine dell’animo. Qui c’è abbastanza gente intorno a me, ma nessuno mi capisce. Sono tutti quanti materialisti…”. Forse si rendeva conto che “l’arte, come la letteratura, non aveva più messaggi da trasmettere; che dipingere, insegnare, vivere erano divenute nuove forme di esilio” (Notarangelo). Ma a Monte voleva riprovarci: “Sempre di più nostalgia di Monte Sant’Angelo in modo di una malattia”.
Ci furono alla sua morte impegni e promesse di una mostra permanente, di un museo di arte moderna… Nel 2015, a distanza di quasi 50 anni dalla morte, finalmente una bella mostra a Foggia, a cura della Fondazione Banca del Monte, e un catalogo ben curato, con interventi che segnano un punto importante nello studio di Herbert Voss, che è stato una ventata straordinaria per Monte S. Angelo e il Gargano.