Manfredonia un po’ Cipro e un po’ Amsterdam. Ma qui vige il principio della finestra rotta.
Secondo gli studiosi di environmental criminology, il degrado del paesaggio, specialmente urbano, è un importante fattore che innesca comportamenti criminosi e violenti. E’ il principio della finestra rotta, ogni vetro non sostituito invita a tirare un sasso su quello intero che si trova accanto e, se il degrado procede, l’intero edificio va in rovina in breve tempo.
A Manfredonia la scelta di mettere nel 1980 alcune famiglie di sfrattati a Villa Rosa ha portato in poco tempo quella struttura ad essere distrutta totalmente. Divelti marmi, bruciati infissi, ogni decoro asportato… La stessa sorte in locali della chiesa S. Maria, dove poi il Comune ha dovuto pagare centinaia di migliaia di Euro per risistemarli. Forse perché i poveri e gli sfrattati sono tendenzialmente criminali? O perché vengono confinati, emarginati dalla comunità, parcheggiati in quei luoghi senza cura e senza controllo? Scatta specialmente lì la sindrome del vetro rotto. La gara a chi sfascia di più. Il recinto in legno della pineta di Siponto ha resistito finché è rimasto intatto… qualcuno ha iniziato a rompere e ora è quasi demolito, come le staccionate che costeggiano i canali.
Chi vive in un quartiere brutto, sporco, mal tenuto, nel quale non riconosce nulla dei propri orizzonti interiori, niente in cui identificarsi, tende a violare ogni norma e ogni legge. “Al contrario, il miglioramento della situazione ambientale, cioè della qualità della vita, riduce o annulla l’incidenza dei comportamenti deviati” (Settis)
La città è sporca. La raccolta differenziata comporta un periodo di transizione difficile, di aumento della sporcizia. Ma c’è la sensazione che ci sia qualcosa d’altro. E’ una sindrome generalizzata del “vetro rotto”.
Uno dei luoghi simbolo: il molo di Levante. La cura del porto e di un attracco sicuro era la principale preoccupazione di Manfredi e Carlo d’Angiò. E’ un luogo splendido di esplorazione e di visione, da dove Manfredonia, seppur scandalosamente deturpata a livello urbanistico, cambia colore e aspetto: con le case bianche, che ancora si intravedono, i suoi mercati… appare una città mediterranea indolente e sensuale (qui è stato girato il film “Il Sole scotta a Cipro”); ma è anche, nei giorni di pioggia o nuvolosi, malinconica e avvolta in se stessa come Amsterdam. Ebbene la scogliera che protegge il molo in tutta la sua lunghezza è sommersa dalla plastica. Nei pressi del faro, una struttura che ha salvato tante vite, dove immaginavo racconti di mare e di coste, di avventure e di amori perduti e ritrovati… ovunque mi giravo vedevo polistirolo, sporcizie. E nel molo di ponente: residui oleosi, cordami sporchi, cassette ammucchiate in ogni angolo. Luoghi dove si possono vedere i pescherecci, che partono e arrivano, pochi ormai, e le grosse bitte d’ormeggio in ferro giacciono per gran parte inutilizzate. Pochi, se non assenti, i visitatori, al contrario del porto turistico bianco, pulito, asettico, ritenuto molto più attraente
Non è stato sempre così. Manfredonia era povera, eppure tutti i viaggiatori ammiravano l’ordine e la pulizia delle strade.
All’inizio del 1800 Michelangelo Manicone (il monaco francescano ricercatore e naturalista) scriveva: “Non v’ha nella Daunia una città più bella e più lieta, e più ben mantenuta della marittima città di Manfredonia…”. E ancora: “Qua il forestiere vede, ammira e gode; tutto essendo ordine, simmetria, nettezza”. Eppure gli abitanti “han corta vita”, perché l’aria è “mefitica” (insalubre), per via delle paludi circostanti. In verità non era l’aria “mefitica”, ma la malaria e lo si scoprirà alla fine del 1800.
Intanto si continuano a depositare i rifiuti ovunque. Che fare? E se si rispolverasse la punizione di Manfredi agli inquinatori?