L’inferno? E’ quello che abitiamo tutti giorni… Attenzione, però. C’è anche il non inferno.
Saper riconoscere chi, e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e dargli spazio. “Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo”. Così inizia il manifesto del Partito Comunista di Marx. Oggi di spettri ce ne sono tanti. Quotidianamente nascono e restano nell’immaginario. L’Unione europea in bilico, il lavoro che manca, la crisi economica, la paura degli immigrati, la guerra, il terrorismo. Si assiste ogni giorno a cose nuove che iniziano, ed anche a cose seppellite che tornano: razza, frontiere, identità, muri. Nazionalismi e risentimento sociale, collera e rabbia. E le menzogne, gli accostamenti forzati, le falsificazioni. Le menzogne ci sono sempre state e non sono una novità del web. Il populismo poi, si sa, può essere di destra e di sinistra, e propone sempre soluzioni immediate, semplici che non tengono conto delle conseguenze future. Un altro spettro sono i robot, quelli che sostituiscono gli operai, gli autisti, i piloti. Persino negli ospedali il chirurgo sarà sostituito da un robot. Affidabile, preciso, e non farà errori. Insomma i mutamenti sono continui e il 70% dei bambini delle scuole elementari svolgerà nel futuro un lavoro sconosciuto. Poi ci sono, in un Sud in apparenza immobile, i cambiamenti sociali, l’invecchiamento, le partenze dei giovani, una vita sociale segnata da un “non star bene”: clientelismo, potere dei clan, corruzione, mancanza di fiducia, le solitudini di chi non ha relazioni o un lavoro, e in molti un bisogno disperato di riconoscimento e ascolto.
C’è una diffusa sensazione di impotenza e molte le domande. Come vivere senza farsi travolgere dalle paure? Come vivere bene il disorientamento, il caos? Come dare le risposte giuste ai bambini, agli adolescenti? Come raccontare questo tempo?
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne: Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi, e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” (Italo Calvino).
Se molti si adeguano, credo che siano anche tanti i cercatori di ciò che non è inferno. Se ci si guarda attorno in questo territorio (in ogni città) ci sono sorprese. Molte sono le persone che non stanno solo a lamentarsi e a chiedere protezione o a ripetere stancamente le solite parole e opinioni dominanti. C’è una umanità insoddisfatta, disponibile a cercare… e c’è un vicinato da scoprire, un condominio da rivitalizzare, i gruppi informali, i luoghi informali, le opportunità che offrono le scuole se ci fosse maggiore cooperazione tra insegnanti e genitori! Per vincere lo smarrimento e l’impotenza bisogna partire dal fare, dalle relazioni, dal prendersi cura del proprio territorio, della città, dei beni comuni; un amore dei luoghi capace di resistere allo sradicamento, scoprire nuove forme di partecipazione. Creare luoghi di aggregazione sociale, gruppi di accompagnamento, di mutuo aiuto… Anche fare la raccolta differenziata (e non scaricare nelle periferie i rifiuti), portare i figli a giocare all’aperto, sforzarsi di non prendere l’auto…
In una scuola dell’infanzia i genitori hanno chiesto agli educatori di confrontarsi su come parlare ai bambini di eventi imprevedibili e paurosi, o dell’importanza di educarli al rischio e di stare all’aperto in tutte le stagioni, o dell’utilità di cantare (al nido e a casa). Incontri per scambiarsi idee ed opinioni; si possono fare anche senza esperti.