Aveva ragione il Foscolo. I cimiteri? Una pietosa follia di amore per la vita
Vedi un parco, un’area a verde e senza rendertene conto ti trovi in un cimitero. Nel parco vi è una giovane coppia, un anziano legge il giornale, una donna passeggia con il carrozzino. In fondo vi è un’area densa e folta di siepi e alberi. Mi avvicino e scorgo delle tombe. Una accoglie i resti di tre generazioni della stessa famiglia. Intorno al parco tante lapidi di fine Settecento e Ottocento. Mi trovo a Londra nel quartiere di Hackney (un municipio di oltre 200.000 abitanti). Di piccoli cimiteri ce ne sono tanti. Il cimitero grande (Abney park) si estende su un’area di vari ettari, oltre che vasto, è intricato, folto, con una grande varietà di flora e fauna. Ci sono numerosi sentieri (dove si fa footing), volpi che osservano curiose, e soprattutto scoiattoli che saltano tra i piedi e si arrampicano velocissimi. Le tombe vanno dal Settecento fino a oggi. La città è intorno, si affaccia proprio sopra, si può scendere da casa e si può passeggiare. Un cartello dice che il cimitero accoglie molte spoglie di persone di “fede irregolare” e non credenti. Passeggiando incrocio una famiglia: un bambino di 4-5 anni vuole che il padre legga tutte le lapidi. Ascolto (per quel poco che comprendo e intuisco) le frasi semplici sulla vita di chi non c’è più e sul rimpianto di chi resta. Poi il padre dice: “Ecco questo è un figlio che scrive delle cose belle per la mamma e il papà defunti. Hai capito?” Il bambino sorride, divertito. Ha capito l’allusione paterna. Tutta la conversazione è sincera e semplice. Un saluto e qualche battuta anche con me. Ci vengono le scolaresche a visitare il parco e a “studiare” le piante esotiche, che qualcuno ha portato da lontano. Al centro di Abney park vi è una chiesa gotica in restauro. “The magnificent eight“. Sono otto i magnifici cimiteri londinesi pieni di memorie, di architetture di grande interesse, veri e straordinari grandi parchi.
Il Foscolo nei Sepolcri esalta i cimiteri inglesi, dove “le britanne vergini” si recano come in un giardino per ricordare coloro che non ci sono più e con cui hanno un rapporto di affetto, una “corrispondenza di amorosi sensi“. E critica le sepolture nelle chiese, i cimiteri italiani, lugubri e funerei, che non trasmettono un messaggio di amore per la vita.
Qualche mese fa dopo la cerimonia di deposito delle ceneri di un amico nell’apposito piccolo loculo, in un bel luogo del cimitero di Manfredonia destinato alla conservazione dei resti cremati, una delle persone addette mi dice che vi è chi non trova bello il cimitero dentro la città e che nel Piano regolatore è previsto un cimitero grande, sulla strada verso S. Giovanni Rotondo. “Ma, in verità – rispondo – il cimitero stava prima, è la città che è venuta addosso. E poi che male c’è. Altrove, anche in Italia, è normale un cimitero nella città”.
L’area dell’attuale struttura cimiteriale è limitata. La concessione di un’ampia superficie a centinaia di “cappelle” private è stata una scelta “infelice” e ha sottratto spazio alle tombe collettive. Nel futuro si deve incentivare la cremazione e/o ampliare il perimetro.
Il cimitero è un luogo da visitare (quello di Manfredonia era un convento e al restauro ci lavorò anche S. Camillo de Lellis): ci sono tombe antiche con lapidi interessanti, un piccolo e bel chiostro. Però aveva ragione il Foscolo: i cimiteri inglesi danno una idea di vita, questo di morte.
Il camposanto è uno spazio fisico e mentale dove sono conservati i resti di coloro che non ci sono più. Un luogo strano, dove sono i viventi a dare senso alla lucida e struggente follia umana: la sopravvivenza dopo la morte. I morti sono inerti e il cimitero e le tombe sono qualcosa che riguarda solo chi non è ancora andato ad abitarvi.