“Ultimo! Ho vinto io”

CULTURA

Alcuni giorni fa ho visto un gruppo di bambini, che giocavano in un piccolo spazio verde. Gare di corsa. I vincitori erano sempre gli stessi e gridavano vittoria. “Primo. Ho vinto io”, “E io secondo…” Un bambino arrivava sempre ultimo, all’inizio non sembrava scoraggiato, ma gli altri cominciavano a prenderlo in giro. Poi nell’ultima corsa, arrivato ultimo come sempre, esplose in un grido. “Ultimo. Ho vinto io”. E ha disorientato e oscurato gli altri. Con le mani alzate esprimeva la sua gioia. Il bambino era felice. Sono i giochi all’aperto che permettono di ridefinire i ruoli.

A Borgo Mezzanone una insegnante ha detto che per un ragazzo che non riusciva a stare in classe (iperattivi si chiamano oggi), è stato fatto un accordo: uscire in giardino o nell’orto e conciliare un po’ di lavoro e un po’ in classe.

Non riusciamo a capire che stare in classe seduti 2 – 3 – 4 ore non è naturale. Anche per i ragazzi grandi (scuole superiori) rimanere tranquilli per tanto tempo è difficile e per sopportarlo devono avere motivazioni profonde, provare piacere, fare cose che interessano la mente e scuotono la fantasia. I tanti adulti che si scandalizzano se gli studenti mostrano irritabilità e insofferenza, poi non riescono a stare 10 minuti in silenzio in una qualsiasi riunione.

Ecco perché là dove è possibile è opportuno portarli fuori, creare occasioni di novità, i docenti devono essere imprevedibili e recuperare la memoria di sé bambini o di sé adolescenti.

Proprio da un recupero della memoria delle esperienze infantili è nata una campagna educativa ad opera di una fondazione britannica  sulle 50 cose da fare prima dei 12 anni o meglio 11 anni e tre quarti (50 things to do before you are 11 ¾)

Vi dico le prime di queste.

1.Arrampicarsi su un albero. 2. Rotolare giù da una grande collina. 3.Accamparsi all’aperto. 4. Costruire una capanna o un rifugio. 5. Far rimbalzare i sassi sull’acqua. 6.Correre sotto lo pioggia. 7. Far volare un’aquilone. 8. Pescare con il retino. 9. Fare una torta di fango. 10. Organizzare una gara di lumache. 11. Correre a braccia aperte facendo l’aeroplano. 12. Fischiare usando un filo d’erba… e poi guardare un’alba; cercare uova di rane; scalare un’enorme collina; fare una passeggiata nel bosco di notte; seppellire qualcuno sotto la sabbia…  Sono indicazioni che stanno facendo il giro del mondo. Durante l’estate alcune potremmo accettarle e altre aggiungere.

Ci sono attività che facevano coloro che erano piccoli venti, trenta anni fa, ci sono quelle amate da Tom Sawyer o Huk Finn o quelle sperimentate dallo scautismo. Attività che possono rivelarci più cose sui bambini e ragazzi, essere più interessanti e più convincenti di tanti trattati scientifici. Ancora oggi in alcune aree di periferia ho visto capanne e rifugi costruite da bambini e nei canaloni percorsi per ciclocross con pneumatici. Ci sono ragazzi che sanno ancora costruire frecce, fionde, archi… Ci sono giochi di gruppo che funzionano ancora.

Abbiamo le spiagge, gli arenili, le pinete… Chi vuole, può divertirsi anche da noi. E poi si può andare con un occhio diverso (da scopritori, esploratori) in Foresta Umbra o al Bosco Quarto. Sono noiosi i programmi estivi “educativi” e i giochi “didattici” (un aggettivo insopportabile riferito al gioco). L’attività ludica è fondamentale per gli umani (ma anche per gli animali e oserei anche per la natura) quando è imprevedibile, creativa. Poi vi è altro tipo di “gioco”, quello che offende, incattivisce, inaridisce in ogni senso. Ma è appunto un’altra cosa.

Un paio di giorni fa, ho visto  bambini che mangiavano le ciliegie e gareggiavano a lanciare il nocciolo il più lontano possibile. Si divertivano da matti. E poi hanno accettato l’invito a raccogliere i noccioli e metterli nei bidoni!

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