Dove va la Caritas? Atto II
Un diluvio di reazioni su “Stato quotidiano” (tutte rigorosamente anonime). I commenti non entrano neppure di sfuggita nelle questioni poste dall’articolo, ma sono carichi di livore e volgarità, di paura persino, come se si fosse scoperchiato qualcosa! L’articolo cerca solo di capire quale è il ruolo della Caritas diocesana e parrocchiale e il rapporto con il Comune di Manfredonia. Non pensavo di aver profanato un tempio.
Come ricordavo nell’articolo ”Dove va la Caritas?” in questi ultimi mesi (ho l’abitudine di muovermi a piedi) ho incontrato decine e decine di persone, da me conosciuti ai Servizi Sociali, che mi hanno raccontato le loro difficoltà, in particolare la questione del lavoro, e più di uno mi ha detto con un certo fastidio che doveva andare alla Caritas per essere aiutato. Molti non sanno che coloro che vanno ai Servizi Sociali mal sopportano di essere mandati altrove. Hanno orgoglio e dignità e considerano il “pubblico” la loro casa. Se ci si meraviglia di questo, vuol dire non si conosce il 90% dei poveri di questa città.
La Caritas diocesana non deve fare assistenza, deve elaborare conoscenze, deve formare, deve pensare a interventi nuovi e confrontarsi con altri soggetti che compiono un analogo percorso (piano sociale di zona, piano della salute…). Sono le Caritas parrocchiali che devono intervenire nelle situazioni specifiche. La parrocchia, come si prende cura dei bambini (battesimo, prima comunione…), accoglie i defunti…, deve prendersi cura dei poveri. La parrocchia deve abbracciare l’intera sua comunità. Lo dice il Sinodo diocesano che ha stabilito orientamenti e norme. Il commento di una persona, che mostra di conoscere bene i meccanismi di funzionamento della Caritas, ha detto che il Sinodo è roba vecchia… Il Sinodo in effetti è vecchio di 25 anni.
“Un uomo venne aggredito e derubato da briganti e lasciato mezzo morto; passarono un sacerdote e un levita e guardarono altrove. Invece un samaritano, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi con il suo giumento, lo portò in una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente diede due denari all’albergatore dicendo: abbi cura di lui…”. Qui c’è tutto il lavoro sociale, la cura, il servizio di rete, l’aiuto che non si riduce al denaro… C’è la vicinanza, l’accompagnamento, il samaritano dedica del tempo prezioso… Ma queste sono chiacchiere e poi è roba di duemila anni fa!
Io non so come opera la Caritas diocesana, non mi interessa sapere se ha operatori professionisti o se ci sono solo volontari… Pongo invece un problema di pari opportunità e di regole.
La chiesa e la caritas possono cambiare come credono. Però, una cosa è la sussidiarietà (e ce ne è bisogno), altra cosa è la sostituzione del Servizio pubblico. E’ questione di diritti e di trasparenza. Tutti devono sapere.
“Ancora con il Sinodo… Siamo nel 2016… Sveglia”. Mi aspetto che qualcuno dica: “Ancora il vangelo… Siano nel 2016”. Allora le persone si esponevano, parlavano direttamente, testimoniavano. Si guardavano negli occhi. Hanno inventato le parole, il linguaggio, le carezze.
Una comunità ha bisogno di regole, conosciute e riconosciute da tutti. Ha bisogno anche di generosità. Il piacere di donarsi reciprocamente tempo, pensieri, conoscenze, guardandosi, parlandosi, dialogando. Io scrivo solo sul blog. Poi gli articoli rimbalzano su facebook, su altri siti… Perché allora non ho accettato i commenti sul mio blog? Per una questione di tempo dal momento che non potrei rispondere a tutti. Ma è soprattutto perché l’anonimato è scorretto ed è noioso… “Duemila anni fa l’imperatore Traiano scriveva a Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, affinché non tenesse in alcun conto le denunce anonime contro i cristiani: un detestabile esempio che non può appartenere al nostro tempo”. Duemila anni fa!
Un’ultima nota. Quando il commento anonimo (mi riferisco a quello contenente offese sul piano personale) viene dal popolo, da gente semplice… forse c’è da capire, vi può essere un pizzico di timore, è concepibile uno sfogo; ma quando proviene da persone che operano in Enti, in una cooperativa, dall’interno di uno schieramento politico… la situazione è diversa.