oltre l’ospedale. la cura diffusa
Una lettera aperta inviata al presidente della Regione Puglia delle associazioni che si occupano della salute mentale ricorda a tutti il particolare valore che ha, nei percorsi di cura, il coinvolgimento dei familiari e delle persone che soffrono.
C’è stata soddisfazione nelle varie comunità per gli ospedali “salvati”. Manfredonia è uno di questi. Si fa il calcolo dei posti letto conservati e di quelli che mancano. Il consigliere regionale Gatta lamenta che i posti letto sono una decina in meno. Il sindaco invita a rimanere vigili… L’ospedale è una struttura importante ed essenziale per assicurare la tutela della salute e il benessere alle popolazioni del territorio. Ma altrettanto importanti, o forse molto di più, sono i servizi sociali e sanitari nel territorio che si occupano del benessere della popolazione nei campi della salute mentale, prevenzione, riabilitazione… Su questi vi è il silenzio.
I Servizi sociosanitari territoriali nascono dai cambiamenti irreversibili a livello demografico (invecchiamento della popolazione e aumento notevole della non autosufficienza, importanza delle campagne di prevenzione e diagnosi precoce…), e dalla necessità di rispondere alle problematiche complesse della società contemporanea (domanda di partecipazione e inclusione sociale dei soggetti con disabilità, aumento del disagio mentale…).
La cura a domicilio è un meccanismo fragile, facile ad incepparsi se non vi è la piena e convinta collaborazione di tutti i soggetti. E’ necessario che i soggetti istituzionali (Servizi Asl, Servizi sociali, medici di famiglia, pediatri…) riscoprano motivazioni e capacità progettuali. La domiciliarità è una modalità di cura alla quale si deve dare una grande attenzione e che deve essere praticata in modo creativo, perché ogni caso è diverso e per ogni caso le risorse sono diverse. Inoltre gli stessi servizi oggi individuati (assistenza domiciliare e poi ricovero nelle strutture per le non autosufficienze) sono destinati in tempi brevi ad essere rivisti, e una comune responsabilità, di fronte ai mutamenti enormi che ci aspettano, ci spingerà a trovare soluzioni e percorsi nuovi, anche misti, che assicurino livelli alti di sostegno e di cura e controllo della spesa.
Per la salute mentale, il presidio psichiatrico e ospedaliero (a Manfredonia 15 posti) non può essere da solo una risposta. La sofferenza psichica, il ritardo mentale intrecciato con altre forme di disagio ha gradualità diverse. Ci sono persone sofferenti che possono e devono essere seguiti sul territorio, cercando di dare risposte di cura congiunte alla richiesta di sicurezza dei cittadini. Ed è possibile se si lavora in sinergia tra il Centro salute mentale, il Centro di riabilitazione, il Servizio sociale, il terzo settore, ed anche le forze dell’ordine. Ci sono sofferenze “nascoste” in crescita (pensiamo a disturbi di comportamento alimentari, quelli che sono chiamati anoressia e bulimia) e che sono la sintesi di malesseri diversi: perdita di autostima, rapporto difficile con il corpo e i coetanei, identità, per le quali non servono le cure ospedaliere. Ma ci vuole altro. Molto altro. Ogni esistenza ha tanti fili che la collegano alla realtà e la perdita di uno solo di questi procura disagio e sofferenza. Ricucire questi fili significa aprire un percorso e una ricognizione ampia e complessa dell’esistenza.
La lettera al presidente Emiliano chiede nuove modalità di funzionamento del Dipartimento di salute mentale. La salute mentale non è circoscrivile, interessa tutta la famiglia, e il coinvolgimento della stessa è nell’ordine delle cose normali. Ci sono esperienze cui si guarda con favore, là dove si ha il coraggio o anche solo l’umiltà di sperimentare cose nuove: familiari esperti che fanno accoglienza, aiutano i pazienti, collaborano nelle case famiglia, possono accompagnare, sanno ascoltare chi vive situazioni di crisi.