Scrivere chiaro, scrivere oscuro

CULTURA

I dirigenti ? Come Dio sul monte Oreb. O Mosè che detta i Comandamenti al popolo eletto. Per ogni Stato o Comune l’uso di un linguaggio comprensibile a tutti è un problema fondamentale di civiltà e democrazia. Una amministrazione pubblica democratica deve usare il linguaggio in modo semplice, chiaro e non lontano dalla lingua comune.

. Una buona divulgazione consolida e potenzia la vita democratica. Rendere comprensibili testi, lettere, avvisi, circolari, autorizzazioni è una condizione necessaria per assicurare a tutti i cittadini uguali opportunità di partecipazione, godimento di beni comuni, rispetto delle leggi.

Amministrazioni diverse hanno a volte lingue diverse per cui il linguaggio amministrativo può risultare oscuro non solo ai cittadini, ma anche ai funzionari di altre amministrazioni da quella che ha prodotto il documento. Spesso i documenti hanno bisogno di un traduttore in lingua corrente. Nei nuovi comparti edilizi di Manfredonia, gli atti riguardanti le responsabilità delle mancate urbanizzazioni non erano interpretate univocamente nemmeno dagli esperti. Semplici lettere inviate da dirigenti del Comune ai presidenti delle cooperative edilizie erano incomprensibili.

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Sono passati oltre vent’anni da quando il ministero della funzione pubblica ha proposto un Codice di stile ad uso delle amministrazioni pubbliche. Molti altri testi sono usciti nel frattempo ad opera dell’Accademia della Crusca, di agenzie di comunicazione, di istituti universitari o di singoli studiosi. Ma nulla è cambiato.

L’atto amministrativo è non solo un documento tecnico-giuridico, ma anche un atto comunicativo con il quale la Pubblica Amministrazione deve farsi capire e conoscere dai cittadini.

Anche se le tipologie degli atti amministrativi sono molto diverse tra loro, non esistono documenti che non possano rispondere a criteri di chiarezza, precisione, coerenza, semplicità. Ogni atto deve essere riconoscibile e interpretabile da parte dei cittadini, mostrando il soggetto che lo adotta, l’oggetto, la decisione presa, le motivazioni, i modi e i tempi di applicazione.

Parlare con chiarezza, scrivere con chiarezza, pensare con chiarezza; il male da estirpare è l’approssimazione da un lato,  l’oscurità dall’altro.

Olivetti-ValentineMa perché vi è questa tendenza all’oscurità della lingua? Perché lo è in particolare quella dei dirigenti?

Risponde Tullio De Mauro: “Il pubblico funzionario non è un cittadino al servizio dei cittadini: è Dio che sul monte Oreb dà le leggi a Mosè. O quanto meno Mosè che detta i comandamenti al popolo eletto”. Le ragioni del linguaggio oscuro derivano quindi dalla pigrizia, dalla vanità nell’uso del gergo, dall’esercizio del potere. E’ una scrittura che parla agli addetti ai lavori, agli altri dirigenti, agli eventuali ricorrenti … esclude i cittadini. Altrimenti non si riescono a spiegare le resistenze, anche quando ci sono testi (come quello della Presidenza del Consiglio del 1994) che raccomandano vivamente di non usare arcaismi (all’uopo, testè, altresì, de iure, de facto…) o termini giuridici e tecnici (oblazione, escussione, rogito, conferimento…), periodi lunghi e complicati  (premesso che…, preso atto di…, ove, in deroga a…),  e si può procedere all’infinito. E’ sufficiente provare a leggere una qualsiasi delibera o ancor meglio determina dei dirigenti per averne la prova.

Che dite se fra un paio di giorni provo a riportare qualche esempio di manifesti (diciamo solo poco chiari) ancora in giro?

 

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